Riprendersi quanto il destino gli aveva tolto, non solo vincendo un mondiale, ma realizzando un’impresa. Andrea Stella era arrivato alla McLaren come ingegnere di pista di Fernando Alonso e oggi, dieci anni dopo, insieme a Zak Brown è diventato l’uomo simbolo della rinascita. Un percorso iniziato da lontano in quanto, proprio il 2015 fu l’anno più buio della recente storia della scuderia inglese: da un lato il fallimentare ritorno di Honda come fornitore di Power Unit, dall’altro una gestione lontana anni luce dai giorni di gloria. Una scuderia in caduta libera, talvolta considerata senza alcuna speranza di risalire la china. Andrea Stella lo sapeva benissimo, basti pensare che a Suzuka, quando Alonso si aprì in radio e affermò “Gp2 engine”, ad ascoltarlo, oltre al mondo intero, c’era proprio l’ingegnere italiano.
Nonostante ciò, la sfida è importante e Stella decide di accettarla: nel 2018 diventa Performance Director, mentre nel 2020 viene promosso a Executive Director, instaurando una leadership “a tre punte” assieme a James Key e Piers Thynne. Poi, nel 2023, a seguito delle dimissioni di Andreas Seidl, viene promosso a Team Principal: un attestato di fiducia da parte della squadra, che nel frattempo, complice una gestione finalmente in linea con la grandezza di McLaren, è tornata nelle parti alte della classifica.
Stella negli anni ha lavorato in silenzio, con la testa china di chi sa che, dietro a una buona prestazione, una vittoria o un titolo, c’è tanto altro: ci sono errori e scelte sbagliate, c’è la capacità di comprendere i problemi e pian piano trovare una strada per risolverli, oltre a quella di mantenere alto il morale di tutti anche nelle giornate più buie, ritrovando la forza per ripartire. Un qualcosa che lui stesso ha sperimentato in prima persona, nel 2010 quando, al fianco di Alonso in Ferrari, proprio ad Abu Dhabi lo spagnolo perse il titolo all’ultima gara: nonostante il vantaggio iniziale in termini di punti, una strategia sciagurata non permise a Fernando di conquistare il titolo, che andò poi a Vettel. 14 anni dopo, Stella si è preso una rivincita col destino, come testimoniato anche dalle parole dello stesso Alonso a Sky Sport F1: “Congratulazioni alla McLaren e ad Andrea. Quello che ci ha tolto Abu Dhabi nel 2010 lo ha ridato oggi ad Andrea e sono contento per lui”.
Un’impresa dietro alla quale ci sono voluti due anni di lavoro non-stop, oltre che il coraggio di riconoscere le proprie debolezze e ripartire da un foglio bianco, viste le difficoltà che avevano accompagnato la squadra nel corso del 2022, l’anno dell’introduzione delle vetture a effetto suolo: prim’ancora che la scorsa stagione iniziasse, durante la presentazione della nuova monomposto Stella aveva chiarito che il vero campionato di McLaren sarebbe cominciato da Baku, grazie ad un piano di aggiornamenti che li avrebbe portati a battagliare al vertice con costanza. Così è stato: in Azerbaijan un primo passettino, poi in Austria e a Silverstone, fino a concludere la stagione in costante lotta per il podio. A inizio 2024 la trama è la stessa: sino a Miami le difficoltà, poi la svolta, grazie ad un pacchetto evolutivo che permette alla MCL38 di ritornare sul gradino più alto del podio, esprimendo da lì in poi tutto il suo potenziale e affermandosi come rivale temibile per la corsa al titolo. Una rincorsa non semplice, visti anche i punti che nel frattempo la separavano da Red Bull: Stella predica calma e gestisce squadra e piloti al meglio, anche in giornate dure come quelle dell’Ungheria o di Monza, evitando lo scompiglio che può generarsi dalla lotta di due compagni per la vittoria. La classifica è serrata, e complice il ritorno della vecchia compagna Ferrari nella lotta al titolo non c’è spazio per le emozioni, almeno fino alla bandiera a scacchi di Abu Dhabi, con la vittoria di Norris che riporta a Woking un titolo che mancava dal lontano 1998: le immagini mostrano Stella quasi commosso che abbraccia uno ad uno i membri della squadra, congratulandosi con loro per il lavoro fatto, consapevole di essere stato parte di un’impresa.
Infine, chissà se quanto fatto dall’Italiano non abbia generato alcun rimpianto in Ferrari, visti i 12 lunghi anni trascorsi a Maranello, dapprima come veicolista delle monoposto di Schumacher e Raikkonen, poi come ingegnere di pista di Kimi e Fernando Alonso. Magari un giorno ci sarà un ritorno a casa, ma nel frattempo a goderselo, e tenerselo stretto, è la McLaren, anche in vista di un 2025 nelle vesti di assoluti protagonisti.