Voi addetti ai lavori. Prende il via così, con l'uso di un luogo comune fra i più triti, il nuovo corso di trasparenza arbitrale voluto dal neo presidente dell'Associazione Italiana Arbitri (AIA), Alfredo Trentalange. L'onore e l'onere di inaugurarlo è toccato a Daniele Orsato da Schio, ospite dell'ultima puntata di 90° minuto. Nello studio Rai c'è un'eccitazione da evento storico, come non si avverte da quella notte in cui Tito Stagno s'apprestava a urlare: “Ha toccato!”. Un'enfasi che un po' stona ma tanto scalda il cuore a tutti i presenti tranne lui, Orsato. Che invece, collegato in esterna al pari delle due piante piazzate in altro studio Rai assieme a Gianfranco Teotino, prova a tenere un comportamento istituzionale. Perché va bene essere il primo a lanciare il nuovo corso comunicativo. E va bene anche far sentire (finalmente) la voce degli arbitri in un'epoca che vede ogni loro gesto vivisezionato dalla Megamacchina ipertecnologica del Var e del sistema audiovisivo globale. Ma darsi del “tu” col conduttore, che poi è anche il vicedirettore di Rai Sport, Enrico Varriale, proprio no. E anche se quello insiste a chiamarlo “Daniele” per l'intera durata del programma, e gli propone frasi come “non so se sei d'accordo”, lui non deflette e mantiene la distanza. Continuando a usare quella formula come uno scudo fra sé e gli altri che popolano lo show: “Voi addetti ai lavori”.
Quella distanza è testimoniata anche dalla postura adottata dall'arbitro scledense. Che per quasi tutta la trasmissione sta a braccia conserte, chiaro segno di vigile autocontrollo. Lo abbandona soltanto nel finale, quando gli arrivano due domande dallo studio delle piante perché evidentemente le avverte innocue. E schiva anche con onestà e disinvoltura l'interrogativo più insidioso. Glielo pone Varriale e riguarda la mancata espulsione di Pjanic per somma di ammonizioni in Inter-Juventus del 28 aprile 2018. Un episodio che se correttamente valutato avrebbe potuto determinare un esito diverso della gara e del campionato. Lui ammette che in quel caso prese una decisione sbagliata. E certo rispetto all'ammissione fatta da Lo Bello negli Anni Settanta, durante una puntata della Domenica Sportiva e davanti alla moviola di Carlo Sassi per un episodio di gioco avvenuto poche ore prima, stavolta si tratta di un cold case. Ma aver riconosciuto pubblicamente lo sbaglio, davanti a una platea televisiva di qualche milione di persone, è un punto d'onore.
Un po' meno onore gli fa invece quell'uso creativo dell'italiano. Come quando gli viene chiesto se cambierebbe qualcosa nei protocolli Var e lui risponde di non essere “la persona predisposta per poter cambiare”. Intendeva dire preposta, ma forse il problema è il Var che il solo sentirlo nominare lo manda in confusione linguistica. Tanto da spingerlo due volte a esclamare: “Beato la venuta del Var!”. Brividi.
Comunque nel complesso è stato un esordio positivo. Per Orsato che non ha eluso nemmeno domande insidiose come quella di Paola Ferrari: “Come si sente quando torna a casa dopo aver commesso un errore?”. Ma anche per la squadra di 90° minuto. Che infine ha condotto bene l'esperimento e può soltanto migliorare, magari lasciando le piante dell'altro studio senza ulteriore decorazione. E mettendo definitivamente da parte l'idea di fare la storia della tv. Che qui al massimo si fa la geografia.