Marc vs Marco. Due talenti, due dalla guida aggressiva. Ma anche due pesi e due misure, tanto da chiedersi se la MotoGP abbia un problema di memoria storica. Eppure nel Motomondiale il fattore sicurezza è da sempre una bandiera di cui andare orgogliosi, dove tutto basa le sue fondamenta sul trarre insegnamento dagli errori del passato, eventi tragici e incidenti dolorosi compresi. Eppure quando si tratta di Marc Marquez anche questa regola trainata dal buon senso trova nuove forme di interpretazione e applicazione.
E' innegabile che lo scontro innescato dal campione spagnolo della Honda a Portimão sia stato un fallo pesante, netto e da cartellino rosso. Nel motociclismo manovre di questo tipo son molto più pericolose di un'entrata a gamba tesa o della falciata sugli stinchi che si vedono con una certa frequenza nei campi di calcio.
In questo caso - per fortuna - la dinamica e la potenza del botto sono state mitigata da due fattori importanti: la "sponda" fatta sulla carena di Martin e poi l'impatto dissipato nella carambola contro l'Aprilia di Oliveira, e non direttamente contro il corpo del povero Miguel.
Insomma un'entrata killer per definizione, da cui alla fine Marc è uscito con una frattura del primo metacarpo del pollice destro. Robetta medica quasi ininfluente se si pensa a quanto hanno rischiato i piloti in quella situazione da brivido, dove - anche volendo trovare delle attenuanti - il numero 93 ha chiaramente sbagliato le misure e peccato di arroganza nel buttarsi alla caccia degli avversari che lo stavano precedendo, oltretutto dopo aver preso rischi praticamente fin dal via e in tutte le curve precedenti. Insomma uno stile di guida certamente molto aggressivo, più simile a quello dei dilettanti che provano a cimentarsi con i videogame di moto per la prima volta, piuttosto che degno di un titolato campionissimo.
Eccoci allora al punto cardine che - ad esempio - anche la Safety Commission potrebbe provare a chiarire: perché nel 2011 Marco Simoncelli fu additato di essere un cattivo esempio, con uno stile di guida giudicato già allora pericoloso, quando oggi - a distanza di 12 anni - ci ritroviamo in pista un pilota che combina (da anni) ben di peggio? Perché nessuno dice niente? In nome dello spettacolo? Per evitarsi la lesa maestà verso l'intoccabile campione dal carattere spigoloso e già "sfortunato" nelle ultime stagioni?
Magari sarebbe utile interpellare Jorge Lorenzo, che a suo tempo - proprio in conferenza stampa nel GP di Portogallo, Estoril 2011 - si rese protagonista del seguente scambio post qualifica con Marco Simoncelli.
Marco Simoncelli: "Si, ho letto qualcosa delle sue dichiarazioni riguardanti il mio modo di guidare, ma non so come replicare perché, per esempio, ha affermato che lo scorso anno a Valencia l’ho toccato facendolo quasi cadere, cosa assolutamente falsa visto che gli ero davanti e, nel tentativo di superarmi, ha commesso un errore. Mi ha toccato dentro e la sua gomma è entrata in contatto con la mia tuta, e di certo questo non è un buon esempio. Altra cosa: qualche anno fa venne squalificato dalla direzione di gara per il suo stile di guida aggressivo. In mia opinione, ha dichiarato qualcosa di assolutamente falso”.
Jorge Lorenzo: “Penso di aver detto la verità ieri. Se quanto da me affermato non corrisponde a verità, non è un problema. Vedremo cosa succederà in futuro”.
MS: “Si, ma secondo me tu non hai dato il buon esempio a Valencia”.
JL: “Anche a te è capitato di toccare con altri piloti, no?”
MS: “Certo, ma il tuo è un esempio sbagliato, secondo me”.
JL: “Quante gare ho chiuso senza cadere? Non ho toccato proprio nessuno”.
MS: “Ok, ho detto che il tuo esempio era sbagliato, scusa!”
JL: “Questa è solo la tua opinione! Ma penso che molta gente del paddock ed alcuni dei piloti, siano della mia stessa idea”.
MS: “Prova a chiedere.”
JL: “Chiedi a (Andrea) Dovizioso, per esempio. Oppure ad (Hiroshi) Aoyama”.
MS: “Prova a chiedere a Dovizioso del 2005!!”
JL: “Non importa. Se nel futuro non succederà nulla di spiacevole, per me non ci sono problemi. Ma se qualcosa dovesse andar storto fra noi in futuro, allora sarà un bel problema”.
MS: “Okay. Verrò arrestato!”
JL: “Adesso tutti ridono, ma c’è poco di divertente in realtà: sono in gioco le nostre vite. Corriamo a 300km/h su moto potenti e molto pesanti. Non sono minibike. È uno sport pericoloso e devi pensar bene a quello che stai facendo. Sono pronto a lottare con tutti i piloti, ma non mi piacciono le cose sporche. Mi sono fatto male svariate volte, ho fatto cadere De Angelis in Giappone ed ammetto di aver sbagliato. Da quel fatto ho sempre provato a guidare pulito. Posso commettere errori perché sono umano, ma quando guido penso almeno un paio di volte prima di fare qualcosa. Non mi lascio prendere dall’istinto perché un conto è giocare con la tua salute e un conto e giocare con quella degli altri piloti”.
Interessante sarebbe sapere cosa ne pensano di questo parallelismo tra Marquez e Simoncelli anche i vari Andrea Dovizioso (chiamato in causa nel botta e risposta qui sopra), o Casey Stoner (uno che si è sempre professato bandiera della correttezza assoluta) e Valentino Rossi (che in un recente podcast con Gianluca Gazzoli, ha ricordato di quando il 93 non correva per vincere ma per far perdere gli altri...). Se qualcuno volesse rispondere in merito, MOW resta a disposizione.