Se c’è un nome che ha segnato la storia del football negli ultimi vent’anni, è sicuramente quello di Aaron Rodgers, con una carriera che è, ancora oggi, un alternarsi di successi e provocazioni. Il suo talento in campo lo rende una leggenda indiscutibile di questo sport, la sua personalità lo qualifica come l’antieroe per eccellenza, qualcuno di cui non si può fare a meno di parlare. Nato in una piccola città della California, Rodgers ha sempre saputo ciò che voleva diventare nella vita: un giocatore di NFL come quelli che, ogni settimana, lo tenevano incollato allo schermo. Dopo una breve parentesi nel baseball, il giovane Rodgers iniziò con il football, mostrando fin da subito la sua forte padronanza del campo.
Ma a volte, talento e determinazione non bastano e Rodgers sperimentò sulla propria pelle quanto un mondo come quello del football, potesse essere competitivo e spietato. Dopo il liceo, nessuna università di rilievo lo scelse e dovette ripiegare per un piccolo e poco noto ateneo della sua città. Furono anni molto duri, nei quali si formò il genio del campo Rodgers, affamato di successo e vittoria. Quella tuttavia era una realtà troppo piccola per contenere un talento già così grande ed un giorno, che sia stata fortuna o semplicemente destino, venne convocato dalla Berkley. Da allora, la parabola ascendente di Rodgers non si è più fermata, portandolo fino all’NFL con il Draft del 2005.
Sono iniziati così due decenni di successi per il quarterback dei Green Bay Packers prima e dei NY Jets ora. Dallo stile aggressivo e spietato, Rodgers diventa ben presto l’uomo dei record: maggior numero di passaggi, quattro volte mvp, un superbowl ed uno dei passer rating più alti nella storia dell’NFL. Numeri degni di Tom Brady.
Il quarterback però, è noto non solo per essere un campione sul campo ma anche per le sue opinioni controverse fuori da esso. Il giocatore filosofo infatti, non ha mai nascosto il suo interesse per cure “alternative” o l’utilizzo di sostanze psichedeliche usate in antichi riti del Sud America. A fare scalpore furono le sue dichiarazioni sul covid 19 nel 2021, quando dapprima criticò l’approccio della federazione e dei media nei confronti della pandemia, dichiarando che fossero troppo restrittive e sbagliate e poi, si considerò immunizzato, non grazie al vaccino -come tutti furono portati ingenuamente a credere- bensì attraverso differenti terapie a base vegetale. Ma il clamore mediatico continua, perché il quarterback dichiarò di aver fatto uso di Ayahuasca, una sostanza allucinogena originaria dell’Amazzonia, usata dagli sciamani durante riti di guarigione. In un’intervista il giocatore parlò di questo “rimedio” come una cura per il corpo e l’anima e un enorme aiuto per la sua carriera che, negli ultimi anni, sembra non splendere più come una volta.
Una filosofia la sua, che per quanto controversa, ha il potere di attrarre anche i critici più feroci. E poi, la turbolenta relazione con la famiglia, con la quale sembra abbia tagliato i ponti ormai da anni, “cambiato dalla fama” dicono alcuni, le liti da spogliatoio, l’infortunio e la fine dell’idillio con i Green Bay nel 2023. Rodgers è ancora oggi nell’occhio del ciclone e questa stagione nei Jets è stata, fino ad ora, coronata da alti e bassi, alternando partite memorabili come il match di settembre contro i New England Patriots, in cui ha battuto un record personale, a partite più opache, come quella di domenica, in cui è sembrato il fantasma di sé stesso. Le speculazioni sul suo futuro si susseguono, c’è chi lo vorrebbe in panchina, chi accenna ad un ritiro nel 2025, chi ha parlato di una lite con i Jets a seguito della quale non sarebbe più rientrato in campo… Voci smentite dai vertici del team che mantengono salda la presa sul quarterback. Perché Rodgers resta ancora una colonna portante in questo sport, un leader che non ha intenzione, per ora, di abdicare al suo trono. Che lo si ami o lo si odi, Aaron Rodgers non è solo gioco: è spettacolo e provocazione, l’incarnazione del politicamente scorretto e funziona proprio per questo.