Sgradito perché sgradito. Punto. La vicenda che ha coinvolto Francesco Matteini, giornalista fiorentino cui l’Acf Fiorentina ha negato l’accesso al Rocco B. Commisso Training Center, meglio noto come Viola Park, si è trasformata in un caso nazionale ma non ha ancora trovato una spiegazione. A quattro giorni dai fatti, accaduti nella tarda mattinata di sabato 30 settembre, la società viola non ha espresso una pubblica posizione. Capitolo già chiuso, sembrerebbe, almeno da parte della dirigenza. Rimane lo sconcerto di aver visto un giornalista allontanato in malo modo dal centro sportivo, nonostante fosse in possesso di un biglietto regolarmente acquistato per la gara fra le squadre Primavera della Fiorentina e del Milan. Con una scena madre difficile da cancellare: il direttore generale di una società di Serie A che s’improvvisa buttafuori e caccia un professionista dell’informazione. Cose che non succedevano nemmeno ai tempi del Perugia di Luciano Gaucci e che ritenevamo ormai superate. A quanto pare, invece, certi comportamenti non passano mai di moda. Abbiamo sentito Matteini per farci raccontare la sua versione dei fatti e tentare di ricostruire al meglio l’accaduto. Ovviamente anche l’Acf Fiorentina può dare la sua. La ospiteremmo volentieri, dandole il medesimo risalto di questa intervista. Ecco, intanto, quello che è emerso dalle parole del giornalista.
Nel racconto che è stato fatto della vicenda si è detto che la posizione dell’Acf Fiorentina nei suoi confronti sia motivata da un suo eccesso di posizioni critiche nei confronti della società. Ma quali sono stati, in precedenza, i punti di frizione?
Punti di frizione, nessuno. Dalla Fiorentina non ho mai ricevuto smentite, rettifiche, precisazioni relativamente ai miei articoli. Se invece si parla di opinioni che posso aver espresso, non saprei. Può darsi che qualcosa non sia piaciuto, ma io mi sono sempre mantenuto nei canoni dell’educazione. Fra l’altro, se mai avessi trasceso sarebbero giunte le querele. Quindi sono rimasto meravigliato da questa reazione di Joe Barone (il direttore generale della Fiorentina, ndr) nei miei confronti. Gli ho chiesto più volte perché sono un giornalista sgradito ma lui non mi ha dato spiegazioni, ha risposto soltanto: “Perché sei sgradito”. Ma né lui né Ferrari (Alessandro, il responsabile della comunicazione di Acf Fiorentina, ndr) hanno voluto chiarire qual è il motivo. Ammesso che ce ne sia uno.
Ripartiamo dai fatti, che sono stati ripresi e raccontati da centinaia di testate d’informazione, ma è bene vengano riferiti dal diretto interessato. Cosa è successo, esattamente, lo scorso sabato?
Io ho inviato alla società la richiesta d'accredito, lo stesso giorno in cui è stata concessa l’agibilità. In un primo momento dall’Ufficio Stampa mi sono stati richiesti i dati anagrafici, quindi evidentemente stavano preparando l'accredito. Poi forse ai colleghi dell'Ufficio Stampa è arrivata una direttiva diversa e allora mi è giunta risposta che l'accredito non poteva essere rilasciato perché la mia richiesta è arrivata fuori tempo massimo e nel frattempo tutti i pochi posti riservati alla stampa erano esauriti. Una risposta plausibile. E allora a quel punto, dato che comunque la partita volevo andare a vederla, ho deciso di comprare un biglietto online, dato che era anche l'unica procedura possibile. E così sabato mattina sono arrivato al Viola Park. All'ingresso ho salutato il direttore Barone, che devo dire non mi ha risposto, poi ho salutato il comandante dei Carabinieri e della Polizia Municipale, e mi sono avviato nel corridoio che porta verso il campo. Quando ero quasi arrivato, mi si è fatto incontro Barone e mi ha detto: “Lei qui non può entrare perché è un giornalista sgradito”. E ha aggiunto: “E lo scriva, lo scriva: Barone la manda via perché lei è un giornalista sgradito”.
Però lei a quel punto ha mostrato il biglietto.
Esatto. L’ho detto a Barone e lui è andato via. Pareva fosse finita lì, poi invece Barone è tornato insieme a Ferrari che mi ha detto: “Ma noi non ti abbiamo dato l’accredito”. Ho risposto che lo sapevo e per questo avevo comprato il biglietto. Mi hanno chiesto chi me lo avesse dato e se fosse intestato a me. Ho fatto vedere il biglietto. Si sono allontanati. Ho fatto un altro pezzo di tragitto verso il campo e mi sono visto affrontare di nuovo da Barone e Ferrari. Mi hanno detto che comunque io al Viola Park non ci posso stare perché sono un giornalista sgradito. Barone si è messo anche a urlare per chiamare gli steward e dire che non potevo entrare perché sono un giornalista sgradito. Fra l’altro questa cosa mi ha messo anche un po’ in difficoltà perché lì intorno c’erano anche dei tifosi. E qualcuno fra questi, quando ha sentito dire che sono un giornalista, ha cominciato a darmi del giornalaio.
Rimaneva la questione del biglietto pagato.
Barone ha ritenuto di risolvere la questione mettendosi la mano in tasca, estraendo una mazzetta di banconote e cacciandomene in tasca una da 50 euro. Gliel’ho tirata indietro dicendogli che non si permettesse più di fare una cosa del genere. Ho aggiunto che non ero lì per fare il provocatore, e che se proprio non mi ci volevano me ne andavo. Però esigevo il rimborso del biglietto. Che non poteva essere fatto lì per lì, dato che la biglietteria per la gara era soltanto online. Mi hanno detto che mi avrebbero riaccreditato sulla carta di credito i 10 euro del biglietto. La vicenda è finita lì, senza altri strascichi da parte mia.
In questi giorni non c'è stato nessun cenno da parte della Fiorentina?
Nessun cenno, né a me né a tutti gli altri organi di stampa che si sono occupati della questione. Non c’è stato nemmeno un tentativo di smentire la versione dei fatti che ho dato e qui ribadisco.
Immagini di non essere lei il diretto interessato: che riflessione le viene da fare su questo episodio?
Beh, è un comportamento molto pericoloso quello che il direttore Barone ha messo in campo. Perché se passasse questa linea, che si può mettere all'uscio non un giornalista, ma un cittadino qualunque in possesso di un biglietto, questo significa che lo potrebbe fare chiunque: il titolare di un teatro, o di un cinema. Questi sono tutti posti privati dove però si svolgono manifestazioni pubbliche. E non vale l'obiezione per cui “a casa mia entra solo chi mi pare”. Questo vale se a casa tua fai una cena privata o una festa. Ma quando si fa una manifestazione pubblica per la quale vengono anche richieste pubbliche autorizzazioni, allora c’è l’obbligo che chi ha il biglietto va fatto entrare. Anche se riteniamo che sia antipatico, o brutto. Non si può fare discriminazioni. Un episodio come questo può aprire la strada all'indice di gradimento per i tifosi allo stadio. Hai fischiato? Allora alla prossima partita ti lascio fuori anche se hai il biglietto.
Fra le interpretazioni che sono circolate per motivare questo atteggiamento della Fiorentina nei suoi confronti, molte riguardano ciò che lei ha scritto a proposito del Viola Park.
Su questo va fatta una precisazione. Io sono stato sempre a favore del Viola Park. Ne ho scritto più volte e sempre in termini positivi, ritenendola un'opera opportuna. Aggiungo che per questa posizione sono stato attaccato dai gruppi ambientalisti, anche in modo molto pesante via social. Però su un aspetto sono stato critico verso la Fiorentina: è stato quando la dirigenza viola ha tentato di scaricare su altri le responsabilità dei ritardi nella concessione dell'agibilità. Se la prendevano col Comune, col Genio Civile, coi Vigili del Fuoco, con la Sovrintendenza. Io invece sono andato a guardare le carte e ho scoperto che il ritardo dipendeva dalla stessa Fiorentina, che non aveva presentato la documentazione completa per ottenere l’agibilità.