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Dominio derby, ecco cosa l'Inter ha davvero più del Milan: c'entrano la Champions e Istanbul

  • di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

17 settembre 2023

Dominio derby, ecco cosa l'Inter ha davvero più del Milan: c'entrano la Champions e Istanbul
I nerazzurri di Inzaghi hanno travolto il Milan battendolo per la quinta volta negli ultimi cinque derby: il cappotto del 2023 racconta di un complessivo 12-1 sulla squadra di Pioli, e meno male (per i rossoneri) che l’anno sta per finire e per qualche mese ancora di derby non se ne parlerà. E anche chi non sopporta l’Inter e ogni 10 del mese festeggia il Rodriversario deve ammettere che il percorso dell’ultima annata in Champions non ha portato ai nerazzurri la Coppa ma qualcosa di diverso: la convinzione di essere più forte degli altri. Anche quando, magari, non è vero

di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

I derby del 2023, per i milanisti, sono stati una mattanza. Cinque giocati, cinque persi, roba che così non si era mai vista. Persi, e come sono stati persi: malissimo in Supercoppa, male in campionato e senza che l’Inter lasciasse alcuna speranza ai malcapitati in Champions, questi quelli del 2022-23, e l’ultimo, ieri, primo della nuova stagione, un 5-1 epocale, sostanzialmente mai in discussione. Magari pure troppo pesante ma stai a guardare il capello, 5-1 è e 5-1 resta, varrà pure tre punti ma in ufficio o in fabbrica vale 5-1 o anche il doppio, e meno male per il Milan che l’anno solare 2023 – annus horribilis in tema di stracittadine per i rossoneri – sta per finire e che di derby non si parlerà per qualche mese, perché poi la somma, che qui fa il totale, dice anche altro: dice 12-1, e ciò significa che a Inzaghi – sì, quello che l’inverno scorso era un dead man working – la tonnara per insaccare Pioli e i suoi riesce sin troppo bene, anche oltre i meriti che, pure, non mancano.

Pioli durante il derby
Pioli durante il derby

Pioli, già. Sui social il tecnico rossonero che già da un po’ non era più on fire, ora è on five, e se tra i migliori del Milan ieri sera c’è stato Maignan, oltre a non essere una novità, qualcosa significa. Se c’era Leao era il mantra primaverile, stavolta c’era, ma allora come ieri c’era pure Sentenza Mkhitaryan, che va per i 35 ma avercene di quelli così. Il resto è cronaca, è Thuram e Frattesi – una settimana da dio, la sua – e ancora Calhanoglu, e dite ai rossoneri che non è un incubo. È un contrappasso: suggestivo il mercato, ok, ma da quando Giroud non si gira più, non è più domenica.

Così, alla fine, anche chi l’Inter non la sopporta e ogni 10 del mese festeggia il Rodriversario, non può non ammettere che lo scorso 10 giugno, a Istanbul, l’Inter qualcosa l’ha portato a casa. Non la finale e dunque non la Champions League, ma qualcosa di immaterialissimo eppure pesantissimo, maturato nel percorso europeo: la convinzione di essere la squadra più forte, quella che a casa propria è destinata a vincere perché, a prescindere dal come, lassù c’era arrivata e non se l’era neppure cavata male. Quella convinzione che, spesso, porta in vantaggio già nel tunnel degli spogliatoi, con la testa e non con gli xG: siamo noi i più forti, punto. Poi magari non è neppure vero in assoluto, ma l’importante è che ci credano gli altri, e in una Serie A come quella attuale la consapevolezza basta e avanza.

Le coreografie del derby
Le coreografie del derby

Il Milan già ci ha creduto in primavera, in una profezia autoadempiente, figurarsi ieri, e s’è visto. Pulisic, Reijnders e Loftus-Cheek erano le novità del mercato rossonero nell’undici iniziale, ma il Milan è una squadra che spera (e farà pure bene), l’Inter una che già ci crede e non a caso ieri due reti sono arrivate da altrettanti nuovi, Marcus Thuram e Davide Frattesi, che quella consapevolezza l’hanno già introiettata, alla faccia di chi li aveva bollati come inserimenti di secondo livello, considerando l’identikit di chi se n’era andato. Forse l’Inter non è più forte di quella della seconda metà della scorsa stagione. Ma non lo sa, o non gliene frega niente. E, per il momento, gli altri non se ne sono accorti.

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