Tutto sommato è anche buffo pensare che qualcuno, in questo mondo, dovrà ascoltare le rimostranze di piloti come il tre volte campione del mondo Jorge Lorenzo, oppure l’otto volte campione del mondo Giacomo Agostini, inferociti al call center dei campioni del mondo e dire loro che no, ormai gli altri titoli non contano più. Che il motociclismo è cambiato e adesso i mondiali sono solo quelli della categoria regina, ottenuti in 500 o MotoGP, mentre il resto va considerato diversamente, che poi sul come ci sarebbe ancora molto da discutere.
L’idea di cancellare il passato del motomondiale sembra essere l’ennesima delicatezza voluta da Liberty Media, azienda che dopo aver acquisito i diritti della Formula 1 nel 2017 ha da poco rilevato la MotoGP e che, con la grazia di una portaerei in un pollaio, sta facendo il possibile per farsi detestare non solo da chi questo sport lo segue, ma pure da chi lo pratica. Tu dici: sono americani, devi fidarti, sanno come dare spettacolo. Guarda cosa hanno combinato dall’altra parte. C'è però una vocina a sussurrarti che in F1 corrono auto lente, poco potenti e col motore in sordina, che le gare sono difficili da seguire, che i sorpassi si vedono solo quando le macchine vanno a cambiare le gomme e che, soprattutto, le macchine non sono le moto.
Nel frattempo pare di sentire Paolo Sorrentino in un meraviglioso cameo sul set di Boris: “Dipingi tutto di giallo. Se non c’è giallo, ocra. La distruggiamo questa serie di merda”. Ma entriamo nel merito. Abbiamo già parlato dell’arrivo dei cani ed influencer nel paddock con tanto di pass validi per la stagione (per i cani, agli influencer danno ancora quelli per il singolo evento) così come dell’idea di dividere il paddock in due, una parte più scintillante per la MotoGP e una spartana e meno frequentata per Moto2 e Moto3. Abbiamo anche parlato del fatto che presto, probabilmente, questi due campionati verranno ridimensionati sia in termini di esposizione mediatica che, soprattutto, di calendario, con meno trasferte extraeuropee e un numero inferiore di gare.

Ora, seguendo questa logica, i titoli delle categorie inferiori verranno ridimensionati, rivalutati e infine cestinati. Una cosa su cui si spera, dai diretti interessati a chi semplicemente segue le corse con passione, che la FIM decida di intervenire: separare i tre campionati potrebbe essere una soluzione televisiva e potrebbe addirittura rendere la MotoGP più vendibile, nonostante questo escludere dal conteggio degli albi d'oro i titoli mondiali delle classi inferiori chi li ha già vinti sarebbe come revocare la laurea a chi ha studiato in una facoltà che non esiste più, o entrare in casa di un velocista e levargli tutte le medaglie olimpiche al di fuori dei 100 metri piani: niente più staffetta, niente ostacoli, niente di niente.
Il tutto, come è prassi di questi tempi, sta succedendo senza che nessuno ne parli. Senza che se ne discuta, che qualcuno alzi un sopracciglio, che la situazione cambi. Secondo Emilio Perez Rozas, collega spagnolo che conosce bene Marc Marquez e la sua famiglia, Dorna avrebbe chiesto al pilota Ducati di festeggiare il suo 9° titolo mondiale con il numero sette, a indicare soltanto il numero di titoli in MotoGP. Il problema, che come sempre quando di mezzo c’è un’operazione maldestra porta con sé dell’ironia, è che Marc Marquez il 7° titolo mondiale l’ha già festeggiato nel 2018. Che fai, raddoppi? Marc per il momento non ha discusso pubblicamente della cosa, anche perché parlarne toglierebbe quel sottile velo di scaramanzia che aleggia attorno al fatto in sé, fatto di cui non si parla finché non succede. Pare, comunque, che festeggerà col numero 1 così da relegare la polemica a data da destinarsi. A lui, di fatto, la cosa potrebbe anche far piacere: con il nuovo conteggio Giacomo Agostini arriverebbe a 8 titoli mondiali e non più 15, quindi ad appena uno da Marc Marquez che, per l’appunto, potrebbe diventare il pilota più vincente della storia entro il 2027. In Spagna però l’idea non piace, anche perché il padre di tutti i piloti iberici è Angel Nieto, 13 titoli mondiali (12+1 per scaramanzia) nelle piccole cilindrate e nessun successo con le moto grandi. Ai piloti per il momento non restano che un silenzioso brontolio e la speranza che la Federazione decida di intervenire nell’immediato, se non altro per dimostrare ai padroni di questa MotoGP che nelle corse in moto c’è tanto spettacolo ma pure qualche goccia di sport, tracciando una linea oltre la quale neanche coi soldi si può andare e tracciarla prima che sia troppo tardi.

Di fatto, e diversamente dalla Formula 1, le categorie minori hanno sempre avuto un’importanza cruciale nel motomondiale. Piloti come Max Biaggi (4 volte campione del mondo della 250) si ritagliarono il ruolo di “specialisti di categoria”, spesso e volentieri il pubblico seguiva con più interesse le cilindrate minori e gli ingaggi venivano tarati anche sulla base di questo, perché pure gli sponsor avevano grossi interessi a supportare le diverse classi. È vero, adesso Moto3 e Moto2 sono soltanto passaggi più o meno obbligati per salire in MotoGP, ma non è sempre stato questo. A sentire Liberty Media piloti come Loris Capirossi, Andrea Dovizioso, Dani Pedrosa o Marco Simoncelli finirebbero a zero senza troppi complimenti. Poco meno di un furto. Una soluzione pacifica chiaramente sarebbe quella di iniziare con questo tipo di conteggio senza renderlo retroattivo, lasciando i titoli mondiali in casa di chi li ha vinti in pista, giocando per quello e rischiando la vita per potersi dire campione del mondo.
Ad ogni modo il vero problema non è sportivo, ma etico: puoi escludere dal conteggio dei titoli le cilindrate minori per questioni di business che la gente se le ricorderà lo stesso, tanto i tifosi quanto i piloti che quei mondiali li hanno vinti. Eppure, al contempo ci si ricorderà di questo goffo pachiderma venuto da ovest, un ammasso di contraddizioni a partire dal nome, Liberty, che ha tentato di cancellare il passato a colpi di banconote, un'immagine tutt'altro che positiva per ciò che è rimasto dello sport.

