Jorge Martìn non cerca consolazioni facili: il suo 2025 è stato quello che è stato, e continua a essere quello che è, perché c’è una ragione che deve essere solo accettata, anche se rimane impossibile da comprendere quando si è solo umani. "È stato intenso – ha raccontato il campione del mondo, a proposito del suo 2025 terribile, in una recente intervista - non solo per l'infortunio in sé. I dubbi su me stesso, sul mio futuro. La prendo come un'esperienza di apprendimento. Sono stato mandato a fare questo da chissà dove, dall'Alto, per rendermi più forte". Sì, sembrano matti senza anima, vivono sfiorando i 400 km/h portando ogni parte del corpo, testa compresa, a sfiorare l’asfalto, però sanno tirarci in mezzo una spiritualità potente molto più di chi, invece, vive predicando prudenza e freni tirati. C’è una lezione di quelle belle davvero nel nuovo Jorge Martìn e tutto quello che è successo nei mesi scorsi, compresa la gran confusione sul voler andare via da Aprilia, racconta umanità che va oltre lo sport. Al punto che il campione del mondo della MotoGP, in barba alle regole della comunicazione, al marketing e a tutto quello che converrebbe in un mondo in cui mostrarsi duri e cattivi paga di più in termini di consensi, trasforma quello che potrebbe essere il racconto di una stagione maledetta in una lectio sulla metabolizzazione delle frustrazioni.

Ha vissuto un calvario che avrebbe spezzato chiunque. Due infortuni prima ancora che iniziasse la stagione, poi un terzo episodio in Qatar quando tentava il rientro. Risultato: solo sei weekend completati su ventidue con l'Aprilia ufficiale, una statistica che fa male solo a guardarla. Eppure, da questo abisso sportivo, Martin è riuscito a tirare fuori una saggezza che stupisce per maturità e profondità. La chiave? Una miscela esplosiva di fede (in un Dio che è umano veramente), famiglia (non solo quella del ragazzo, ma anche quella del pilota) e... una sauna casalinga che usa "quasi tutti i giorni".
Sì, mentre altri piloti tremano al pensiero delle gare asiatiche dove il caldo può diventare un nemico spietato, il campione spagnolo si prepara sudando quotidianamente tra le pareti della sua sauna domestica. "Ho una sauna a casa – racconta - e la uso quasi tutti i giorni. Devo abituarmi al caldo perché può rovinarti il weekend. Se sei in testa e poi a 15 giri dalla fine inizi a surriscaldarti, devi rallentare". Significa non lasciare niente al caso, significa lavorare tenendo conto anche delle variabili da combattere a suon di costanti. E costanza. Significa pure, però, farlo con quell’approccio leggero che è tipico dei piloti di moto da corsa. Pure con l'ironia di un ragazzo che cura le ferite dell'anima pure con il calore artificiale. Signori, è bizzarra filosofia di vita profonda: meglio prepararsi al peggio in anticipo che farsi sorprendere nel momento decisivo.

La vera rivoluzione di Martin, però, almeno ascoltando le sue ultime interviste e osservando i suoi atteggiamenti in pista, dentro il box di Aprilia, sta nell’aver imparato a convivere con la frustrazione senza farsi schiacciare. "Di sicuro – racconta ancora - ci sono alcuni momenti in cui sono frustrato, come a Misano in qualifica o come nella Sprint di Barcellona, perché quando le cose non vengono in modo naturale mi sento un po' frustrato. Ma questo è normale. Ora penso di essere migliorato molto mentalmente e credo di accettare questa situazione". Sì, l’ha accettata al punto di mettersi a dare la scia al suo compagno di squadra, quello che doveva essere il suo secondo e invece gli arriva davanti. L’ha accettata al punto che poi, quando nel box esplode la festa per quel compagno di squadra, lui, il campione del mondo che ha dovuto e saputo farsi gregario, diventa uno delle anime del casino, con tanto di spruzzino in mano per innaffiare tutti. Chiamatela evoluzione di un campione. E gli avversari inizino ad averne più paura di prima.
Perché? Perché adesso emerge anche la dimensione spirituale, prepotente, nel suo racconto. Martin non si limita a subire gli eventi, li interpreta come un disegno superiore destinato a fortificarlo e in questa MotoGP ce ne è un altro che l’ha vissuta esattamente così: si chiama Marc Marquez è oggi è quello che vince tutto senza lasciare neanche le briciole ai rivali. "Tutto questo – dice ancora un Martìn quasi irriconoscibile - è stato inviato da chissà dove, dall'Alto, per rendermi più forte". Lo ripete come si ripete una convinzione che va oltre la semplice, banale e pure abusata, consolazione religiosa. E pure oltre quella parola che piace così tanto a tutti e che significa niente di niente: resilienza. È maturità. La maturità di chi ha imparato a leggere la sofferenza come opportunità, di chi ha trasformato i dubbi in certezze per evitare di impazzire e la paura in qualcosa da coccolarsi accarezzandola con le mani decise della determinazione.

Accanto alla dimensione spirituale c'è, poi, quella umana della famiglia. Non solo quella biologica, che lo ha sostenuto in ogni modo anche quando Jorge Martìn (e il suo manager) era quasi indifendibile, ma anche quella sportiva che risponde al nome di Aprilia. Massimo Rivola e quelli di Noale hanno dimostrato una gestione che vale più di mille soluzioni aerodinamiche, più di dieci abbassatori miracolosi, più di qualche cavallo in più da aggiungere al motore. Come? Con la soluzione tecnica più futuristica da sempre: l’abbraccio. Anche quando le incertezze contrattuali avrebbero potuto creare tensioni. Il risultato è stato un ambiente dove il campione si sente finalmente al sicuro, libero di concentrarsi sulla crescita tecnica senza il peso dell'ansia. Del rammarico. Del rimorso. O di qualcosa legato al dito. "Posso dire che ora mi sento Aprilia" - afferma con una sicurezza che c’entra niente coi contratti o con le scelte del futuro. Il quarto posto conquistato in Ungheria, il primo vero risultato del suo presente, ha già detto tanto.
"Ora continuo a lavorare – aggiunge - L'importante è non lasciarsi prendere dall'idea che non tutto stia arrivando. Anzi, è il contrario. Le opportunità di miglioramento continuano. E io continuerò a spingere con tutto quello che ho finché non otterrò ciò che desidero. Quindi, sono felice e mi sto godendo questo percorso. Quando arriverà il primo podio o la prima vittoria, farò una grande, grande festa". E, se questa è la premessa del 2026, la grande festa non solo Jorge Martìn la farà, ma potrebbe pure rovinarla a qualcun altro, insieme a tutta l’Aprilia.