Andrea Dovizioso ha annunciato il ritiro sui social, durante il giovedì di Silverstone, a un anno quasi esatto da quando lo aveva fatto Valentino Rossi: un breve comunicato stampa, poche parole che sembravano una e-mail, la data del 4 settembre. “Smetto di correre” non è stata una sorpresa. “Smetto dopo Misano” invece sì, perché è l’ennesima dimostrazione del fatto che Andrea in quest’ultimo progetto ci credeva davvero, più felice della sua banca di accettare il contratto con Razali.
Niente conferenza stampa in lacrime alla Jorge Lorenzo o formalità distaccate alla Valentino Rossi, tantomeno un lungo video egoriferito come ha scelto di fare, pochi giorni prima, Sebastian Vettel. "Ho deciso poco alla volta, e tutto insieme. Dovevo farlo: è la vita, lo sport”, racconta a Massimo Calandri per Repubblica, poche ore dopo l’annuncio. “Questa vacanza estiva così lunga mi ha tolto gli ultimi dubbi, oggi sono un uomo migliore. Sereno, curioso: vivo. E un pilota condannato - come tutti i piloti - ad essere eternamente infelice, perché i successi non sono mai abbastanza. Avrei voluto sempre di più”. Nel paddock dicono che sia il meno costruito di tutti, il più lucido, il più umano. Lui, tutto sommato, si dice d’accordo: “Al pubblico credo di aver trasmesso qualcosa. Non sarò tra quelli che hanno stravinto, ma dal punto di vista umano salgo sul podio della storia… o no?”.
I momenti più alti, racconta, non sono stati i campionati contro Marc Marquez, perché vincere viene sempre prima di tutto il resto: "La stagione più felice è 18 anni fa, il mondiale: il mio primo anno da top, tutte quelle gare vinte, le pole. Che sensazioni: mi sentivo potente. E giovane. Però quegli anni magici (2017-18-19) con la Ducati: i campionati che mi sono giocato con Marc, i tanti successi, la consapevolezza che stai facendo qualcosa di veramente importante. Tensione e botte di adrenalina fortissime”.
Poi gli viene chiesto di guardarsi indietro a cercare rimpianti, perché lui - come Dani Pedrosa - è nel limbo dei campioni senza campionati, almeno in MotoGP, nonostante talento e velocità non mancassero: “Di rimpianti ne ho pochi - continua a spiegare - chi conosce il motociclismo sa che ho dato sempre tutto, non ho mai sprecato il mio talento e quello di chi lavorava con me. Né buttato via gare o situazioni. Ho sempre avuto rispetto per il mestiere. L'arte. 'Dopo' è una bella, piccola parola, 4 lettere e 2 sillabe: dopo… ti rendi conto che la gestione e l'approccio di certe situazioni poteva essere più lucido, razionale. In Ducati, momenti complicati da gestire diversamente per avere migliori risultati. Pazienza. Esperienze che mi serviranno in futuro. Ho imparato che l'approccio con le persone è molto importante. E che devi saperti adeguare, per raggiungere il tuo obiettivo”.
La MotoGP che lascia, adesso, si è trasformata in un’altra cosa rispetto a quando aveva iniziato. Distacchi minimi, tecnica dominante su tutto - dall’aerodinamica alle gomme, pressioni incluse - ricerca tecnologica al limite. Andrea, con la chiarezza che l’ha sempre accompagnato, lo spiega così: “È sbagliato dire che il livello tecnico dei piloti si è alzato. Ci sono grandi talenti, ma è cambiata la MotoGP: stiamo assistendo a una evoluzione impressionante, una incredibile spinta ingegneristica. Approccio cambiato, si dà una grande attenzione a mille dettagli. Ci sono tanti ingegneri che controllano quel che accade in pista e fuori. Ducati ha segnato la linea, gli altri si sono adeguati: si va sempre più forte. Tra elettronica e aerodinamica il pilota fa meno errori: addio alla lotta, meno sorpassi”.
E arriva, senza stoccate o ripicche, a parlare anche di come sono cambiati i piloti: “Sono tutti al limite, il singolo talento fa la differenza ma non in maniera marcata come un tempo. Meno errori, meno attriti, meno battaglie: i giovani piloti sono fortissimi, però dire che il livello di guida si è alzato non è corretto. Sembrano amici perché le moto sono simili. E poi, basta con questo buonismo: oggi i social hanno modificato l'atteggiamento, i ragazzi sono bugiardi. Ci si preoccupa più di fare bella figura che di dire la verità: dicono di essere amici, la realtà è diversa. Io? Quello di sempre: da qui a Misano darò tutto, e vi divertirete: io sono un pilota - e una persona - vera. Serena, felice”.