Tre sigarette per sciogliere l’incaz*atura e poi dritto ai microfoni nel post-partita di Atletico Madrid-Inter. Christian Chivu è convinto che la ruota gira e all’Inter non andrà sempre male. Negli ultimi tre giorni, i nerazzurri hanno subito due sconfitte di misura, per ragioni in parte sovrapponibili. La principale era stata evidenziata dallo stesso allenatore dopo il derby: manca la comprensione della “pesantezza” di certi palloni. Situazioni in cui serve massima concentrazione, in cui il mondo si ferma e conta solo quell’azione, sia in difesa che in attacco. Il Cholo Simeone in questo è maestro. Altra parola chiave, spesso pronunciata in maniera superficiale: le scelte. Il gol al novantatreesimo di Josè Maria Gimenez è sì il frutto di un grande stacco, sì il risultato di una circostanza sfortunata, ma allo stesso tempo l’esito di una serie di errori di valutazione. Francesco Pio Esposito riceve palla nella sua metà campo, si gira, ha tempo per tornare dietro e organizzare l’ultimo attacco. Invece sceglie di mandare nello spazio Davide Frattesi, entrato da poco (e male) in campo: il centrocampista è in ritardo e la difesa dell’Atletico recupera. Parte un cross degli spagnoli che Manuel Akanji, tra i migliori in assoluto dei nerazzurri, rinvia in maniera non perfetta e concede l’ultimo calcio d’angolo. Lo batte Antoine Griezmann e il centrale uruguagio colpisce con un grande stacco, ma la difesa poteva fare meglio, frapporsi con più “malizia”. Fatto sta che Yann Sommer è battuto e la palla entra. Nella prestazione del portiere svizzero, anche in Champions League, qualche sbavatura: un’altra respinta corta, dopo quella del derby, rischiava di regalare un gol agli avversarsi. La questione dei cambi: Piotr Zielinski è in un buon momento di forma ed è tra coloro che possono rischiare giocate non scontate in verticale, come quella che ha portato al suo gol, il secondo in stagione. Il polacco dialoga bene con Ange-Yoann Bonny e davanti a Juan Musso non sbaglia. Pochi minuti e usciranno entrambi. Nel post partita Chivu ha detto che Zielisnki aveva un problema e solo cinque minuti di autonomia residua, mentre Bonny è stato sostituito genericamente per inserire forze fresche. Marcus Thuram, forse, sarebbe dovuto entrare al posto di Lautaro Martinez, il peggiore dei suoi. Ma ci sono altre dinamiche da tenere in considerazione: il mister gli ha voluto regalare qualche minuto in più, sperando in una rete che avrebbe rilanciato negli umori (e quindi nelle prestazioni) l’argentino? Probabile. Il capitano è uscito per fare posto a Pio Esposito con sguardo basso e appena seduto ha lanciato una bottiglietta, ormai il segnale universale del nervosismo dei panchinati. Messaggi che necessariamente vengono colti e interpretati dalla stampa come un malessere nei confronti delle decisioni dell’allenatore. Specie se si considera il cambio nel derby: in quell’occasione fu addirittura il primo dei due attaccanti a lasciare il campo. Segnali negativi, magari evitabili, soprattutto se a mandarli è il capitano.
Tutto a monte, quindi, in casa Inter? No di certo. La comunicazione e l’atteggiamento di Chivu sembrano quelle di un allenatore esperto, mentre questa era solo la quinta in carriera in Champions League; il gioco propositivo e le tante occasioni fanno ben sperare per il futuro. La ruota gira, appunto. E come ha detto Yann Bisseck, ogni tanto serve pure culo. Ma le stagioni non si reggono solo sul fattore “c”. Che qualcosa debba cambiare è certo: nella testa dei giocatori più che nelle idee di gioco. La squadra rischia di specchiarsi troppo nella sua bellezza. Già il credersi “ingiocabili” ha portato male la scorsa stagione, l’errore non si deve ripetere. Nelle interviste tutti, Zielinski, Bisseck e Chivu, sono sembrati molto sereni. Forse quella stessa serenità che è il riflesso della mancanza di quella determinazione che ti fa vincere (o pareggiare) le partite. Oltre il novantesimo, per non prendere gol, più che la convinzione serve l’umiltà: quella di chi vuole portare a casa il risultato, anche sporcandosi un po’ le mani.