Sul campo l’ha vinta il Milan di Massimiliano Allegri, ma sulle tribune com’è andato questo derby? Prima della partita la curva Sud aveva ricevuto una notizia pesante: lo striscione più importante, quello con la scritta “Sodalizio rossonero”, è stato vietato. I milanisti però lo hanno sostituito con la coreografia: le luci dei telefoni hanno ricreato proprio quella parola. In casa Inter c’è sicuramente tanta delusione, dopo i due pali colpiti e il rigore sbagliato di Hakan Calhanoglu. La sensazione è che si potesse almeno pareggiare. Ma anche dal punto di vista del tifo i nerazzurri sono usciti sconfitti dal confronto. Pur giocando in casa, si sentivano soprattutto gli altri. La curva Nord è tornata a tifare dopo mesi di balcklist, blocchi e contestazioni. A inizio anno il timore di molti era che San Siro potesse trasformarsi in un teatro: ecco, gli ultras nerazzurri sono rientrati, ma le cose ancora non sono tornate come prima. Chi era allo stadio, infatti, ci ha raccontato di una differenza netta tra le due curve: “Non c’è stata storia. Anche molti interisti lo hanno ammesso: sembrava che fosse Milan-Inter e non Inter-Milan”.
Ma quali sono state le mancanze della tifoseria nerazzurra? “Male sotto tanti punti di vista: disunita, poca compattezza, cantano in pochi. Persone che vanno in curva Nord dicono che ci sono cose che non funzionano nel lancio dei cori, forse i nuovi vocalist non sono all'altezza di quelli del passato”. Nella Sud, invece, mancava una delle figure cardine: Marco “Pacio” Pacini è rimasto fuori da San Siro, nonostante il Milan giocasse “in trasferta”, mentre il blocco all’acquisto per l’ultrà dovrebbe essere valido solo per le gare casalinghe. “Pacio è il miglior vocalist che c’è, e anche in curva Sud quando manca lui spesso cala un po’ il livello, anche se ora ci sono dei ragazzi giovani e bravi a lanciare i cori”, ci dice ancora qualcuno. “Nella Nord come lanciacori prima dell’inchiesta c’erano Maurino Nepi e Marco Ferdico, due capi ultrà che erano molto bravi in quello”. Altro punto fondamentale, ribadiscono ancora le nostre fonti, è la stabilità diversa nei direttivi dei due gruppi: “In curva Nord ci sono stati troppi cambiamenti negli ultimi anni, anche al di là dell’inchiesta, mentre i milanisti hanno mantenuto la continuità”. E ancora: “Resistere con questa unità con tutto quello che è successo era veramente difficile. Il merito di questa gestione è soprattutto di Luca Lucci: di capi ultrà migliori di lui ce ne sono pochi”. Proprio su Lucci e la sua situazione giudiziaria ci sono delle novità.
20 anni di reclusione: questa la condanna chiesta dai pm Leonardo Lesti e Rosario Ferracane della Direzione Distrettuale Antimafia di fronte alla gup Giuliana Masci nel rito abbreviato, che si è celebrato anche per altre 22 persone. Le accuse le conosciamo: traffico di stupefacenti. Il Toro è infatti accusato di essere a capo di un’associazione che tra giugno 2020 e marzo 2021 avrebbe movimentato tre tonnellate di hashish, 255 chili di marijuana e 53 chili di cocaina. Lucci è già in carcere da settembre 2024, ma a dicembre dello stesso anno era stato raggiunto da un’altra ordinanza, relativa proprio al traffico internazionale ipotizzato dagli inquirenti. Le altre condanne richieste: 13 anni per Rosario Trimboli, gli stessi chiesti per Rosario Calabria, considerato vicino alla ‘ndrangheta; 16 anni e 6 mesi per Daniele Cataldo, accusato di essere l’esecutore del tentato omicidio di Enzo Anghinelli (eseguito per volontà di Lucci); 12 anni e 8 mesi per Costantino Grifa; 8 anni per Roberta Grassi, la contabile della Sud e vicinissima di Lucci. Una movimentazione di stupefacenti provenienti anche dalla Spagna. Sempre il Toro, o “belvaitalia” (questo il suo nickname da narcotrafficante), aveva già ricevuto un’ulteriore ordinanza il 18 novembre 2024 per un’inchiesta sul traffico di stupefacenti e alle diramazioni del business in ambienti legati alla ‘ndrangheta.