Cantano gli ultras della curva Sud. Cantano di nuovo anche a San Siro. Milan-Fiorentina finisce 2 a 1 per i rossoneri, con Rafael Leao tra i più brillanti, in un fine settimana di Serie A sonnecchiante e con pochissimi gol. Tornano i cori, finalmente, anche nelle partite casalinghe. Il 28 ottobre anche la curva Nord riprenderà a cantare, sempre contro la Fiorentina. Non c’è storia: San Siro con gli ultras è un’altra cosa, lo percepiscono i tifosi in tutto lo stadio e i giocatori in campo. La Sud ha anche esposto uno striscione fatto insieme ai bambini di un campus sportivo delle zone terremotate dell'Italia centrale: “Il sole sorgerà sempre sopra queste macerie”. Un bel gesto, senza dubbio. Ma in curva convivono tante contraddizioni. Oltre ai cori lanciati durante i novanta minuti, la Sud è molto attiva anche sui social. I Banditi hanno pubblicato un messaggio in cui, per l’ennesima volta, fanno il punto sulla situazione dopo l’inchiesta Doppia Curva e le blacklist che hanno colpito i gruppi del tifo organizzato di entrambe le squadre di Milano: “Eccoci qua, finalmente con colori striscioni, bandiere e stendardi. La scorsa stagione abbiamo passato mesi a confrontarci tra noi per capire come ripartire. Già da inizio estate eravamo pronti a proporre in maniera costruttiva le nostre idee, ma soltanto a fine settembre tra mille difficoltà si è arrivati ad una soluzione”. I Banditi ci tengono comunque a ribadire l’assurdità della “scelta di vietare l'esposizione di simboli e striscioni di alcuni gruppi (tanti neanche sfiorati dall'inchiesta Doppia Curva), e proprio per questo motivo non potendo più essere rappresentati a San Siro da quei vessilli storici, da quei nomi e quei simboli che hanno colorato la Curva negli ultimi 15 anni abbiamo deciso di non fondare alcun nuovo gruppo e abbiamo scelto di identificarci dietro al nome dei valori imprescindibili che questi gruppi hanno portato in giro per l'Italia e l’Europa”. Quei valori sono “appartenenza, sentirsi parte tutti di un'unica grande famiglia, senza prevaricazioni verso nessuno è da sempre la priorità di questa Curva”; e “milanismo, mettere sempre davanti a tutto e tutti l'amore per i nostri colori e la nostra maglia, tramandandolo di generazione in generazione”. Due pilastri di quel “sodalizio rossonero che troppo spesso viene usato come appellativo per descrivere il lato negativo della nostra tifoseria ma che in realtà rispecchia a pieno l'unione, la fratellanza e l'amore per il diavolo che contraddistinguono questa Curva, dove generazioni di ragazzi da decenni si ritrovano con un unico obiettivo, sostenere ad ogni costo i colori”.
Le questioni messe sul piatto sono sempre le stesse: continuità con il passato e mancata presa di distanza degli ex capi ultrà arrestati e condannati in primo grado. Non è un vizio di forma. Nei vari comunicati si è sempre parlato, a proposito delle accuse fatte a Luca Lucci, Islam Hagag e agli altri, di vicende private, di fatti accaduti fuori dallo stadio e dunque non riconducibili all’ambiente ultrà. È vero: i reati di cui gli ex vertici della Sud sono avvenuti lontano da San Siro. Ma ciò non significa che la caratura criminale riconosciuta soprattutto a Lucci non sia anche dovuta al suo ruolo come capo ultras. I contatti con i rapper e il mondo discografico (un business che, secondo la Procura, era emblematico delle ambizioni di Lucci e della sua influenza), il tentato omicidio di Enzo Anghinelli (per cui deve ancora essere giudicato), i legami ipotizzati dagli investigatori con persone considerate vicine alla malavita che orbitavano intorno alla curva Sud: fa tutto parte del suo curriculum criminale. Luca Lucci era tante cose: il Toro, la Belva o belvaitalia, quando si firmava in codice per muovere tonnellate di droga provenienti dall’estero. Chi lo ha conosciuto dice che era il “numero uno” in Italia per l’hashish. Lo dicono Costantino Grifa e Antonio Rosario Trimboli mentre sono intercettati. Ora, è davvero possibile pensare che una persona di questo tipo, con un simile potere, possa essere giudicato “privatamente” per tutte queste azioni? Si può realmente tracciare un confine tra il Lucci narcotrafficante e il Lucci capo ultrà? Stesso dicasi per Islam Hagag: sarebbe stato lui, come leggiamo nelle carte dell’inchiesta, a prendere contatto con “cugino Ciccio”, secondo gli investigatori uomo legato alla ‘ndrangheta di Platì, per l’organizzazione di un concerto di Fedez (che non è indagato) a Roccella Jonica. Forse la linea di demarcazione tra ultrà e non-ultrà è troppo astratta. Nessuno in curva Sud, per ora, ha rotto con quel passato, l’ambiguità rimane, come ci ha detto anche Federico Ruffo e come da tempo sosteniamo. Sempre dal passato provengono i valori evocati dai Banditi: appartenenza e milanismo. Tesori preziosi per la cultura ultras. È comprensibile che le curve si sentano minacciate dai divieti su vessilli e striscioni, dalle blacklist che hanno colpito persino tifosi senza Daspo. Le curve e gli ultras, piacciano o meno, sono i simboli di un calcio che fatica a restare vivo. Ora si guarda avanti, alle arene del futuro, a costo di buttare giù monumenti come San Siro. Largo alla novità, sia dannata la tradizione. E i prezzi dei biglietti aumentano, le famiglie rinunciano allo stadio il fine settimana, i club si piegano ai meccanismi dell’entertainment. Nessuno nega i sacrifici dei gruppi organizzati per le trasferte, i soldi spesi per le coreografie: cosa sarebbe San Siro senza quella creatività? Tifosi veri ce ne sono ancora, ne siamo certi. Di valori e di calcio parlano i Banditi: peccato che la vita dei vecchi leader pare che andasse ben oltre quella del tifoso. E del calcio resta poco e niente.
