Niente scuse. Neanche con un dolore al piede che l’ha condizionato visibilmente. Matteo Berrettini esce dagli ottavi del Masters 1000 di Montecarlo con una sconfitta netta, doppio 6-3 contro Lorenzo Musetti, e con un pizzico di amarezza. Ma non cerca alibi, e anzi si assume tutta la responsabilità per una giornata che, come lui stesso ammette, è nata e finita storta. “Mi fa male, ma non è il piede che mi ha fatto sbagliare”, ha dichiarato Berrettini dopo la partita. “È solo un fastidio che non mi aspettavo di dover affrontare, ma gli errori non sono arrivati da quello. È stata una giornata no in tanti sensi”. Il match, durato poco più di un’ora e mezza, ha visto il romano in difficoltà fin dai primi game, incapace di reggere il ritmo e la lucidità di un Musetti solido, ispirato e tatticamente impeccabile. “Bisogna fare i complimenti a Lorenzo”, ha detto ancora Matteo. "Ha giocato una partita molto solida, tenendomi sempre lontano dal campo. Ho iniziato male e finito peggio. È stata una partita no sia di testa che per i colpi, in tutto”. Ma come mai questa prestazione dopo l’exploit contro Zverev? Lo abbiamo chiesto a Paolo Bertolucci, che ieri ha commentato per Sky il derby azzurro.

Proprio Bertolucci aveva sottolineato i problemi di Berrettini da un punto di vista mentale: “Sì, ma è un discorso di mancanza di fiducia. E quindi, se manca tanto che non si riescono a vincere le partite, è normale andare in campo senza quella lucidità, quella visione necessaria per vincere a un certo livello. Il fatto che abbia iniziato a battere giocatori importanti, soprattutto Zverev, dovrebbe invece rasserenarlo da questo punto di vista, convincerlo che può tornare a essere un giocatore di alto livello. E credo che questa sia la cosa più importante che deve portarsi a casa da questo torneo”. E allora perché Matteo arriva ai quarti e poi sistematicamente esce? “Ormai è un classico. Secondo me non aveva recuperato dal punto di vista fisico, anche se erano passate 48 ore. Ma soprattutto, c’era qualcos’altro: non stava bene, non aveva proprio energia. A volte capita. Certo, dispiace, perché se ti succede al primo turno magari ci fai meno caso. Ma gli è capitato in una partita così importante, per andare ai quarti, e soprattutto con davanti anche una finestra, un panorama interessante, perché, vista l’uscita di Zverev e di Djokovic, quella metà del tabellone si era liberata, e non poco. Quindi la chance era davvero importante, ma purtroppo non era in condizione di poterla cogliere”.

Invece ad Alcaraz, Zverev e Djokovic cosa sta succedendo? Tutti e tre sembrano avere qualcosa che non funziona: “Djokovic ha l’età, punto. Zverev non ha la personalità. Tutte le volte arriva lì, e poi gli manca sempre qualcosa. Doveva essere lui, insieme a Medvedev, a raccogliere l’eredità dei grandi che si ritiravano. E invece è stato superato da Alcaraz e da Sinner. Questo è stato un contraccolpo psicologico notevole, dal quale non riesce a venir fuori. Alcaraz ha già vinto quattro Slam, è giovanissimo, ha un tennis molto difficile, molto complicato. Quando tutte le componenti funzionano alla perfezione, diventa praticamente imbattibile. Però non segue sempre il punteggio con attenzione, a volte rischia troppo nei colpi e perde partite che dovrebbero essere alla sua portata. Gioca ancora con la testa un po’ “giovanile”, ma ha delle potenzialità assurde”.