Il derby italiano tra Berrettini e Musetti è un lusso che ci possiamo permettere. Ma è anche un peccato. Perché oggi un azzurro che batte un altro azzurro significa che stiamo lasciando indietro un possibile semifinalista. E forse anche qualcosa in più. Non è solo una partita. È la fotografia di un movimento che ha fatto il salto. Che non guarda più gli ottavi come una conquista, ma come una tappa intermedia. Per questo il derby Berrettini-Musetti a Montecarlo lascia, come scrive Paolo Bertolucci, “un retrogusto un po’ amaro”. Perché se “fino a pochi anni fa affrontarsi in un torneo importante significava garantirsi un nostro rappresentante al turno successivo”, oggi è diverso. Oggi “avrebbero potuto affrontarsi più avanti, magari nella fase decisiva del torneo”. E basterebbe guardare quella parte di tabellone per capirlo: Zverev è fuori, battuto proprio da Matteo, e anche Djokovic ha già salutato. Tsitsipas potrebbe risvegliarsi, sì. Ma a parte questo, lo spicchio che porta in finale è libero. “Se si esclude Alcaraz l’altro posto per la finale è assolutamente contendibile”.

Ma se il tabellone sorride, il campo sarà una trincea. Perché questo non è solo un incrocio tecnico. È una sfida mentale. È qui che entra in scena il Berrettini nuovo. Quello che ha appena battuto il numero 2 del mondo. Quello che, lo sottolinea l’ex Davisman, “non aveva mai sconfitto un giocatore con una classifica così alta”. E soprattutto, “sa di aver finalmente superato i guai fisici”, che è la vera partita vinta. Musetti invece arriva da due match complicati. Approcci molli, avvii in apnea, poi il risveglio. Ma c’è una novità: Lorenzo oggi sa soffrire. “Ha saputo cambiare marcia nei momenti più difficili dei match”, scrive Bertolucci. E quando “la testa torna a connettersi con il corpo, il suo braccio resta uno dei più brillanti del circuito”. Contro Lehecka la differenza tecnica è emersa con forza. Ma oggi, contro Matteo, servirà qualcosa in più.

E si comincia dal servizio. Due interpretazioni opposte, un’unica chiave di lettura. “Con il colpo di inizio gioco, Berrettini dovrà subito prendere in mano le operazioni”, per impedire a Musetti “di tessere la sua ragnatela”. Al contrario, Lorenzo dovrà “servire con velocità più elevate rispetto a quelle mostrate con Lehecka”, così da infastidire la risposta dell’avversario e allungare il campo, dove ama manovrare. Una sfida a scacchi. “Partire in apnea lasciando campo all’avversario potrebbe costare carissimo” avverte Bertolucci. E questo vale per entrambi. Perché oggi non si gioca solo per i quarti. Si gioca per legittimare una nuova dimensione del tennis italiano. Una dimensione da top player. “Comunque vada, l’Italia può sorridere”. Ma non è un sorriso di consolazione. È il sorriso di chi sa di avere il potenziale per andare lontano. E che ogni volta che due nostri si affrontano, non è solo un derby. È un lusso. Ma anche un piccolo rimpianto.