A volte basta un dettaglio per riscrivere l’inerzia di una partita. E a Montecarlo, nel secondo turno del Masters 1000 contro Alexander Zverev, quel dettaglio per Matteo Berrettini è stato un foglietto. Un frammento di carta caduto nei pressi della riga di fondo, proprio nel mezzo del terzo set, nel momento in cui tutto sembrava sul punto di sfuggirgli di mano. Berrettini era avanti 4-3, aveva appena annullato una palla break. Lo scambio in corso (lungo, logorante, tutto in difesa) pendeva chiaramente dalla parte del tedesco, che iniziava a sentire il momento buono per piazzare la zampata. Matteo scivola, si rialza, fatica a tenere. È in quel momento che dalla tasca gli cade a terra un foglietto sottile, bianco, all’apparenza insignificante. Ma Zverev lo vede e lo segnala all’arbitro, che ferma tutto e decide: punto da ripetere. Berrettini raccoglie il foglietto, respira, torna sulla linea di battuta e spara una prima vincente. Game suo, 5-3. È un punto spartiacque: Zverev rientrerà fino al 5-5, sì, ma l’inerzia è ormai cambiata. L’azzurro, con lucidità e nervi saldi, chiuderà 7-5 e firmerà una delle vittorie più importanti della sua stagione.

Ma quel foglietto? Cosa conteneva? Non lo sapremo mai. Forse un appunto tattico, forse l’etichetta dei pantaloncini, forse uno scontrino dimenticato. Non importa davvero. È stato l’interruttore, il momento sospeso che ha rimesso Berrettini in carreggiata. E forse, più di tutto, è stata la dimostrazione plastica di quanto il tennis sia uno sport mentale, in cui ogni secondo, ogni micro-interruzione, può cambiare tutto. Non solo nel punteggio, ma nella testa dei giocatori. Zverev era a un passo dal break, nel pieno dell’inerzia. Poi si ferma. Ricomincia. E si trova sotto. La concentrazione si spezza, il flusso si inverte. L’altro si rialza. Perché nel tennis, più che in ogni altro sport, vince chi riesce a gestire lo squilibrio, chi sa restare lucido nel caos, chi trasforma la pausa in un rilancio. Berrettini l’ha fatto. E l’ha fatto nel momento in cui serviva davvero. Il resto, score, ranking, ottavi, viene dopo. Prima c’è il cervello. Poi la racchetta.
