È successo nella lunga e nera notte degli interisti al Mondiale per Club. Fuori i nerazzurri contro i “pensionati” del Fluminense (Fabio, il portiere, 44 anni; Thiago Silva 40; German Cano 37), avanti incredibilmente l’Al Hilal, guidato dall’allenatore uscito tra mille polemiche dal Centro Sportivo Angelo Moratti, capace di mettere in ginocchio il Manchester City di Guardiola che solo qualche giorno prima aveva rifilato cinque sveglie alla Juventus. Roba da stropicciarsi gli occhi e fregarsi le mani per chi, coraggiosamente, aveva puntato un euro a caso, sperando che la fortuna potesse assisterlo.

Era l’alba di questo caldissimo luglio 2025 quando si è prodotto sul tabellone l’ennesimo miracolo di un allenatore troppo spesso sulla graticola. Braccia al cielo per Inzaghi e chissà in quanti, in quel momento, si sono svegliati con il mal di pancia, stravolti dalle temperature equatoriali e dalle pene calcistiche.
Al Hilal e Manchester City hanno giocato una partita da cardiopalma, sul filo del risultato. Gli inglesi di Guardiola hanno tenuto palla e attaccato a testa bassa, con la solita espressione offensiva che vuole unire l’estetica al gol, i ragazzi di Inzaghi hanno provato a ridurre spazi, recuperare il possesso e rispondere colpo su colpo con contropiedi micidiali. Ne è uscito un testa a testa appassionante che ha messo in luce la grandezza del portiere marocchino Yassine Bonou, un gigante a difendere la rete dei sauditi, e la fragilità difensiva del progetto tattico del City, spesso esposto a rischi eccessivi.
Il Demone aveva studiato tutto, sapeva di essere come la criptonite per Guardiola ed è stato capace di far tornare in vita gli incubi della finale di Istanbul, persa solo di misura. Carte sparigliate in campo e i ragazzi dell’Al Hilal, rosa tecnicamente molto inferiore a quella degli inglesi, hanno messo in più anche il cuore. Sentimenti che il mister è riuscito trasmettere in poche settimane di lavoro.
Ne è venuto fuori un miracolo che ricorda quando, nel 1982, il Cesena di Genzano e Recchi riuscì a battere la Roma di Liedholm e Falcao, dominatori del campionato. Un trionfo giunto nei tempi supplementari grazie al gol di Marcos Leonardo, autore di una doppietta, alla fine di un testa a testa incredibile e ribaltamenti del risultato continui. Uno spettacolo.
Tutto merito di Simone Inzaghi che ha dimostrato, di nuovo, una caratura enorme da tecnico e che ora, forse, si meriterebbe le scuse di chi non ha capito fino in fondo il lavoro di un professionista, giunto all’Inter nel dopo Conte, in un clima di ridimensionamento e capace, lo stesso, di creare un gruppo che ha giocato due finali di Champions League in quattro stagioni, adeguandosi alle esigenze di una società che non faceva mercato. Perché questo, al di là di scudetti persi e sconfitte cocenti, va sempre messo in evidenza.
