Va bene tutto, va bene che il momento dell'addio di Ibra è stato commovente e il saluto della curva Sud toccante. Ma da qui a definire Ibra una bandiera del Milan, a sprecarsi in lodi stile "resterò milanista a vita" anche no grazie. Risparmiamoci questa retorica. Rimettiamo le cose al proprio posto. Ibra non è una bandiera, non la sarà mai.
La verità è che siamo noi poveri tifosi a cercare ancora valori alti nel calcio, che ne abbiamo bisogno, che tendiamo ad attaccarci a personaggi che diventano simboli della nostra gioventù, della nostra fede, della nostra squadra. Ma le cose non stanno così. Ibra ha giocato al Malmö, poi all'Ajax, poi alla Juve, è andato via dalla Juve perché i bianconeri sprofondarono in B e passò agli acerrimi nemici, l'Inter. Domando: le vere bandiere si comportano così? No. Poi Zlatan è andato al Barcellona. Anche qui: è scappato dall'Inter dopo averci fatto vincere due scudetti perché voleva la Champions e riteneva l'Inter incapace di vincerla. Una bandiera ragiona in questo modo? No. Risultato? L'anno successivo l'Inter conquista la Coppa eliminando proprio in semifinale il suo Barca. Da lì in poi Ibra ha giocato nel Milan (lasciandolo sempre per una ambizione smodata - sbagliando ancora - e per soldi), nel Psg (salvo poi pentirsene dicendo pubblicamente che la Francia non si meritava un giocatore come lui), nel Manchester United per una stagione, poi nei Los Angeles Galaxy e infine ancora nel Milan.
No signori, questo non è il percorso di uno che può considerarsi ed essere considerato una bandiera. Non è il percorso di uno che può permettersi di dire (come ha fatto nel discorso di addio in campo) di aver fatto scelte di cuore. Questo è il percorso di un giocatore forte, fortissimo, ma mercenario come quasi tutti i giocatori. Xavier Zanetti può essere definito una bandiera, Totti può definirsi tale, Maldini. Buffon. Lo potranno fare giocatori come Tonali e Barella se faranno delle scelte di continuità. Ma Ibrahimovic no, vi prego, la retorica a cui stiamo assistendo in queste ore è umiliante. A muoverlo sono sempre stati il denaro e l'ambizione. A queste due cose si è dimostrato molto attaccato e non c'è niente di male, sia chiaro, ma sul fatto di essere attaccato alla maglia permettetemi il dubbio.