27 pole position contro sole 8 vittorie: è questo uno dei dati che più fa parlare riguardo alle prestazioni di Charles Leclerc, da sempre considerato uno dei migliori qualificatori in griglia ma che, troppe volte, non è riuscito a convertire quanto di straordinario fatto al sabato in una vittoria. Un dato che lo annoia e ormai spesso tirato fuori nelle interviste, ma che non rappresenta affatto ciò che, specie ad oggi, il monegasco è diventato. Infatti, nonostante una Ferrari poco competitiva, nelle ultime due stagioni Charles ha fatto un grande step in avanti, soprattutto nella gestione della gara, aspetto che a volte era mancato fino al 2022. E a capovolgere la lettura di quel dato diventato per sé fastidioso è stato, a sorpresa, Zak Brown, il boss della McLaren che ha dominato la prima parte di stagione.

Un apprezzamento non da poco inserito in un più ampio discorso sulla percezione del valore dei piloti, con il manager americano che ha prima difeso Lando Norris, spesso al centro delle polemiche, e poi si è detto fan del monegasco, diventato ormai uno dei rivali della sua McLaren: “C’è stato un periodo in cui, secondo l’opinione generale, Lando non era capace di vincere partendo dalla pole position. Eppure, adesso ha vinto quattro delle ultime cinque gare in cui è partito dalla pole”, ha dichiarato il CEO del team papaya a Racer.com, prima di esporre un paragone tra il suo pilota e il numero #16 della Ferrari. “C’è un’altra statistica su Charles [Leclerc], di cui sono un grande fan, che dice che non ha vinto tante gare partendo dalla pole. Io non credo che questo sia un suo difetto”, ha poi aggiunto riferendosi ai soli cinque successi conquistati dal monegasco quando scattato dalla prima posizione in griglia.
“Penso che questo sia un riflesso di quanto Leclerc sia fantastico sul giro secco. Probabilmente, riesce a portare davanti anche una macchina che, invece, non ha il ritmo-gara migliore. Quindi, non è mia intenzione sminuirlo in alcun modo. Penso che abbia un talento enorme. Ma il punto è che a volte si vuole creare un certo tipo di narrativa e poi, quando questa svanisce, non c’è mai una ritrattazione ‘pubblica’ di quello che si era detto prima”, ha concluso Brown.

Parole che fanno riflettere riguardo la percezione del monegasco perché, soprattutto quando le cose non vanno, si dimentica con grande facilità delle imprese realizzate nei suoi sette anni al volante della Ferrari, spesso arrivate con delle vetture tutt’altro che competitive: dalle sette pole del 2019 nell’anno dell’esordio con la Scuderia a quelle di Monaco e Baku con la SF21, oltre al capolavoro, sempre in Azerbaijan, del 2023, anno in cui di partenze in pole ne sono arrivate altre quattro. Quasi tutti giri oltre il limite, lasciando a bocca aperta chi in quel momento lo stava osservando. Un merito che, però, non dovrebbe mischiarsi con quanto successo in gara, vista spesso l’impossibilità di convertire quei risultati in vittorie in anni dove a farla da padrone erano Mercedes e Red Bull. Erano superiori e non di poco, eppure in un modo o nell’altro un segnale veniva lanciato, sempre. Poi la crescita a 360° e uno step che, a conti fatti, è evidenziato alla perfezione dal finale di stagione 2024 e l’inizio di 2025: un anno fa ha vinto anche quando nessuno se lo aspettava, mentre in queste prime 13 gare ha fatto la differenza, di fatto distruggendo in pista Lewis Hamilton. Manca solo lottare per il Mondiale e, dopo quanto fatto vedere, vietato dire “È solo un pilota da qualifica”.
