“Un gigante gentile e un amico vero”. Sono bastate poche parole a Gianpiero Lambiase per dare un ritratto di Max Verstappen, perché l’olandese non è solo il quattro volte campione del Mondo che ha guidato via radio sin dall’esordio in Toro Rosso, nel 2015: è molto di più, dentro e fuori la pista, capace di lasciare sempre il segno e “GP”, come lo chiama Max, è uno dei pochi in grado di tenergli testa. Lo testimoniano le parole decise come risposta alla rabbia o all’insoddisfazione dell’olandese, così come la capacità di fargli notare, talvolta anche con le maniere forti, gli errori commessi.

E in occasione delle 200 gare con la Red Bull in F1, inaugurate con la vittoria alla prima uscita con il team a Barcellona, nel 2016, è proprio Lambiase a raccontare un po’ del suo Max, quel ragazzo capace di impressionare come pochi, o forse, come solo i migliori sanno fare: “È chiaramente un talento generazionale” ha raccontato nell’episodio speciale di Behind the Charge - serie YouTube della squadra - dedicato al traguardo raggiunto in Ungheria da Verstappen. “Dopo Schumacher e Hamilton ha raccolto quel testimone e oggi tanti giovani piloti lo guardano come punto di riferimento, cercando di raggiungere ciò che lui ha già ottenuto. La F1 deve essergli grata per questo”. Quattro titoli Mondiali a soli 27 anni oltre a 65 vittorie, 44 pole position e 117 podi in 223 Gran Premi: numeri che parlano sì da soli, ma incapaci di dire tutto.

Un ragazzo cresciuto tra un motore e l’altro, da sempre associato al successo e capace di lasciare il segno in qualsiasi campionato a cui ha preso parte negli anni. Lo ha fatto nei kart, nell’unico anno nelle formule propedeutiche, in F3 Europea, quando riuscì a vincere tre gare su tre al Norisring, successo che gli spalancò le porte del Red Bull Junior Team e poi tra i più grandi, subito. Fuori la pista, invece, poco istituzionale e sempre per la sua strada, anche a costo di sembrare l’esatto opposto di quanto descritto da Lambiase. Gentile come pochi se lo aspetterebbero, tant’è che proprio in Ungheria anche Gabriel Bortoleto, che Max lo chiama amico, lo ha ringraziato pubblicamente per i consigli ricevuti sin dall’inizio della stagione: “Magari non lo fa vedere davanti alle telecamere, o le persone non vedono com’è realmente. È buono, generoso e disposto ad aiutare, specialmente noi giovani”. Ed è poi lo stesso Lambiase a confermarlo: “Spesso è considerato il villan (il cattivo, ndr) del paddock, ma lontano dalla pista è completamente l’opposto. È sincero, ha un carattere piacevole”.

Dalle parole di GP, ma non solo, ne esce il ritratto di un ragazzo semplice, capace però di fare la differenza in pista proprio come hanno fatto i più grandi. Nonostante quel talento generazionale, però, un difetto c’è ed è lo stesso ingegnere a svelarlo: “Il suo limite? La testardaggine. È convinto di sapere sempre cosa sia meglio. La sfida, per noi ingegneri, è entrare nella sua testa”. Ma non è tutto, perché legato alla testardaggine c’è anche un retroscena curioso, quasi da ridere: “A volte non accetta subito un consiglio, ma lo assorbe come una spugna e poi lo mette in pratica senza ammetterlo”. In tanti nel box alla domanda chi è Max rispondono “Uno di noi”, precisando però che, una volta abbassata la visiera, diventa “Un animale”. E forse è proprio per questo che a molti fa paura.
