A fuoco, come sempre. Che piaccia o meno Helmut Marko non è mai banale e, con la F1 ormai in pausa, è tempo di bilanci. Lo è per la sua Red Bull, nel pieno di una rivoluzione organizzativa dopo l’addio a Christian Horner e l’arrivo di Laurent Mekies, così come per Kimi Antonelli, che ha concluso con una Top 10 in rimonta la sua prima metà di stagione tra i grandi del circus. Tredici gare tra alti e bassi come da pronostico, con tanti lampi e qualche difficoltà, soprattutto tra Imola e Spa, e un feeling con la W16 difficile da trovare. Poi il passo indietro dal punto di vista tecnico, con la vecchia sospensione rimontata sulla vettura e delle sensazioni che, finalmente, in Ungheria tornano ad essere quelle di inizio stagione.

Al termine del GP si è detto fiducioso di poter tornare a crescere una volta finita la pausa estiva, così da riuscire a incidere come fatto nelle prime sei gare della stagione. E sui momenti di difficoltà dovuti affrontare a rivelare un po’ in più è stato, a sorpresa, proprio Helmut Marko, in una lunga intervista rilasciata a F1-Insider: “A Spa mi ha detto che non aveva fiducia nella macchina e, appena spingeva, non aveva più il controllo” ha raccontato il super consulente della Red Bull. “Penso sia più una questione mentale, la loro auto – come la nostra – ha una finestra di funzionamento molto critica e, quando è a limite, è molto più aggressiva. Questo la rende più semplice per un pilota esperto come Russell”.
Ma non solo difficoltà, perché l’austriaco ha anche rivelato di essere rimasto colpito dalle doti di Antonelli, senza però risparmiare una stoccata a Mercedes e a Toto Wolff: “Lo trovo molto veloce, ma ancora molto giovane. Ha solo bisogno di avere tempo per riprendersi, proprio come accaduto con Lawson in Racing Bull. Per fortuna per noi la Mercedes non può permettersi il lusso di una seconda squadra. C’è una differenza: i nostri giovani piloti passano per la Racing Bulls, per non essere immediatamente esposti alla pressione della F1. E noi creiamo clamore attorno a loro prima che salgano su una macchina di F1”.

Una velocità che, a dire il vero, aveva impressionato in tanti nel paddock già nel corso della passata stagione: prima di quell’errore, forse anche un po’ indotto dalla stessa Mercedes, gli erano bastate poche curve a Monza, alla sua prima uscita al volante della W15, per lasciare il segno, con tanti nel box stupiti dopo il tempo realizzato al primo giro lanciato. Poi il quarto posto in rimonta all’esordio a Melbourne dopo le qualifiche complicate, la pole position Sprint a Miami e il primo podio della carriera conquistato a Montreal, oltre a tante ottime Top 10. Le difficoltà, invece, si sapeva sarebbero arrivate, tra una pressione sempre crescente e il bisogno di fare esperienza anche attraverso gli errori. Da Zandvoort tutto ricomincerà daccapo, sempre però con lo stesso obiettivo: crescere il più possibile e dimostrare il perché della scommessa fatta da Mercedes e Toto Wolff, da sempre al suo fianco. La velocità c’è e se lo riconosce anche uno come Marko…
