Chiudere gli occhi, voltarsi dall’altra parte e ripararsi in maniera istintiva come si può, per come si può. Enea Bastianini a Balaton ha fatto niente di tutto questo, dimostrando che sì, il Dottorcosta ha avuto ragione tutte quelle volte che ha paragonato i piloti a eroi greci. Disumani con dono dell’umanità. Perché Bastianini, scivolando all'ingresso della chicane e rientrando pericolosamente in pista mentre il gruppo sopraggiungeva, ha incarnato quella condizione liminare tra vita e morte che caratterizza l'eroe classico, dimostrando come la paura consapevole possa trasformarsi in strumento di salvezza piuttosto che in paralisi fatale.
"Mi sono spaventato – ha raccontato - perché quando sono caduto sapevo che sarei rientrato in pista e mi è venuto da girarmi verso il gruppo che sopraggiungeva per vedere cosa stava succedendo”. No, non ha chiuso gli occhi, spiegando che la paura è esattamente ciò che ti salva la vita, ma solo se si ha la forza e il coraggio di guardarla dritta. Mentre arriva e fa sempre più rumore. E’ l'eco di Ettore che, pur conoscendo il proprio destino, non distoglie lo sguardo dalla realtà che lo attende. Come l'eroe troiano che vede negli occhi di Andromaca la propria morte annunciata, la Bestia ha affrontato l'attimo critico con quella lucidità paradossale che nasce dalla consapevolezza del pericolo imminente.

L'atto di girarsi a sinistra mentre scivolava in pista è roba potente, a cui sicuramente non avrà neanche pensato. Ma che merita un approfondimento. Una sottolineatura, Magari una riflessione sul vivere come si corre. Perché non è stata mera curiosità e nemmeno riflesso istintivo, ma, come avrebbe detto il buon vecchio Freud, pulsione epistemofila: il desiderio inconscio di conoscere, anche a costo della propria incolumità, la natura del pericolo che si sta affrontando. Insomma, non voltarsi rispetto al pericolo, ma verso il pericolo, anziché negarlo o fuggirne.
A Balaton Park un piccoletto di Rimini che fa il pilota di moto da corsa ha spiegato come la paura, quando non viene repressa, ma metabolizzata consapevolmente e pure in maniera sfacciatamente creativa, può essere strumento di sopravvivenza. "Non ho vissuto bene questa caduta – ha aggiunto - perché è sempre un punto interrogativo quando ti ritrovi ad attraversare la pista. Immediatamente mi sono girato per capire se potevo fare qualcosa per rallentare o accelerare i movimenti per non farmi investire". Quindi no, i piloti non sono matti che sfidano la morte, ma celebratori di vita capaci di processi cognitivi complessi e incomprensibili ai più in cui l'emozione primaria del terrore si trasforma rapidamente in calcolo strategico. In valutazione delle opzioni disponibili. In minimizzazione del danno.

Nell'attimo della caduta, il tempo, kronos, si dilata trasformandosi in kairos, il tempo qualitativo dell'opportunità. Come gli eroi greci che nei momenti cruciali sperimentano un'alterazione della percezione temporale, Bastianini descrive un istante che si espande per consentire l'elaborazione di pensieri che non paralizzino, ma offrano quella chiarezza percettiva che solo l'imminenza del pericolo può generare. Ma la differenza fondamentale tra l'eroe antico e quello moderno risiede nella natura ripetibile della prova: mentre Ettore aveva una sola occasione per dimostrare il proprio valore, Bastianini può riscattarsi alla prossima. Questa iterabilità dell'esperienza eroica modifica profondamente il rapporto con la paura e l'errore, trasformandoli da eventi assoluti in momenti di un processo di perfezionamento continuo. Specchiarsi nella propria vulnerabilità per crescere e trovare forza oltre l’umano. Che non è forza fisica, ma forza di pensiero veloce. "È andata molto bene" non è solo un'espressione di sollievo, ma il riconoscimento di aver sfiorato quella dimensione dell'irreparabile che costituisce l'orizzonte costante dell'esistenza eroica. Che è inevitabilmente comune anche altri piloti che sono a loro volta riusciti a schivare Bastianini diventando inconsciamente i testimoni della mortalità.
La paura vissuta, quindi, come un patrimonio di conoscenza che arricchisce, innalza, nobilita. Magari è il modo per salvarsi metaforicamente la pelle anche nella vita, quando va tutto male, quando tutto sembra pronto a travolgere. Quando verrebbe solo da chiudere gli occhi, ripararsi e aspettare. In preda a una paura che invece vorrebbe solo essere trasformata da predatrice a alleata preziosa. Stato d’animo con cuoi dialogare. Guardandola dritta. Perché l'eroismo autentico nasce non dal rifiuto della fragilità umana, ma dalla sua accettazione.