Quella tra Casey Stoner e Valentino Rossi è stata una tra le rivalità più dure degli ultimi vent’anni. Per carattere, approccio, talento. La velocità pura dell’australiano, il genio del fuoriclasse di Tavullia. Altre moto e altri tempi, di sicuro meno politici. Schiaffi in pista e in conferenza stampa, a volte le dai altre le prendi, sempre a muso duro però. Valentino nel 2007 si è dovuto arrendere ad un ragazzino che non aveva mai vinto nulla e che, con quella Ducati, ha portato a casa un mondiale entrato nella leggenda prima ancora che a Borgo Panigale arrivasse l’Audi. Davide contro Golia, niente di meno. Stoner si è arreso l’anno successivo, quando Rossi lo ha battuto di velocità e ingegno, una stagione riassumibile in quel sorpasso al cavatappi di Laguna Seca che vedi dipinto anche sui camion in autostrada. Negli anni passati in pista assieme hanno vinto due titoli a testa: 2008 e 2009 Rossi, 2007 e 2011 Stoner. Da “This is racing, Casey” a “La tua ambizione ha superato il tuo talento”, nessuno dei due si è mai tirato indietro. Graziano Rossi, in un’intervista per Sky, ha spiegato che l’australiano è stato un rivale diverso dagli altri per Valentino: “È quello che ho stimato di più. Un pilota con un sacco di segreti inspiegabili, difficilissimo capire come facesse ad andare così forte, a mettercisi contro”. Talento puro, lontano dal mondo come è lontana l’Australia. Un mondo che, nel paddock della MotoGP, ha sempre avuto il riferimento di Valentino Rossi.
Inutile dire che le cose sono cambiate. Casey mancava nel paddock della MotoGP dal 2018, quando Valentino era lontano anni luce dall’idea di ritirarsi e mettere su famiglia. Ora l’Australia ha aperto le frontiere e Casey ha deciso di tornare nel paddock per gli ultimi due GP, quello di Portimaõ e l’ultimo a Valencia. È rilassato, parla con tutti, si offre di fare da coach a Bagnaia e Miller. E in conferenza stampa le domande arrivano anche al rivale di sempre: “Non vedo l'ora di riabbracciare Vale - ha raccontato l’australiano - le nostre battaglie in pista sono state fantastiche, da lui ho imparato molto e vincere contro di lui ha dato ancora più valore ai miei risultati. Peccato che non abbia potuto lottare con i migliori nell'ultima parte della sua carriera, ma voleva continuare a correre e ha fatto bene a seguire il suo istinto. Io non ne sarei mai stato capace, per me correre significava esclusivamente vincere. Ora potrà dedicarsi a fare il papà... si divertirà moltissimo".
Parole a cui Valentino Rossi non ha tardato a rispondere, anche lui decisamente conciliante: “Adesso posso dire di essermi goduto le sfide con Stoner - ha raccontato - lui è uno con un grande talento e tanta velocità. È stato un rivale molto forte, grandi battaglie, con il valore aggiunto che guidavamo due moto differenti, io con la Yamaha e lui con la Ducati. So che è Portimaõ, vado a salutarlo molto volentieri. Adesso le rivalità sono un po’ differenti, perché anche se dici qualcosa di piccolo, ha un eco enorme. Dieci anni fa era più facile, ma il mondo adesso va così“.
Eccola quindi, la classica foto da paddock con i due abbracciati di fronte al fotografo. Solo che, per una volta, non è chiaro chi abbia chiesto di farla. Quello che è chiaro è che queste sono le corse: a volte vinci, altre perdi, ma se hai fatto la storia è anche perché c’era un altro che voleva farla al posto tuo. Rendersi conto di averla fatta insieme è roba da ex piloti, ed è bellissimo che succeda ancora. Come Lucchinelli e Uncini, come lo stesso Rossi con Biaggi. Sono fuoriclasse, non bisogna scegliere. L’unico rammarico è che una sfida come questa non la vedremo più: il primo titolo della Ducati, il primo di Valentino contro i pronostici. Serve altro?