La pallavolo è di tutti, ma a Modena non per forza? È bastata una richiesta, quella del Volley Modena femminile, neopromosso in Serie A2, di giocare le proprie partite casalinghe al PalaPanini, per far esplodere una polemica che va ben oltre la gestione di un palazzetto. Il club maschile, che gestisce lo storico impianto, ha detto no. Risultato? Una bufera. Tutto ha avuto inizio con un comunicato della società femminile, che ha denunciato “l’impossibilità di poter usufruire dello storico impianto cittadino per la disputa delle proprie gare interne di campionato, poiché interamente occupato dalla prima squadra militante in Superlega, dalla formazione Under 19 ed anche dalla Under 17, oltre a quello che è il calendario degli eventi extra pallavolistici”.
Nella stessa nota si fa riferimento a “diversi colloqui” avvenuti con la dirigenza maschile nelle scorse settimane. La società pare si sia quindi rivolta al Comune, chiedendo aiuto. Nel giro di poche ore è arrivata poi la replica, riportata dal Corriere, da parte del Modena Volley, una delle società più titolate del panorama nazionale, che ha rivendicato il proprio impegno verso il settore femminile: “Modena Volley – si legge nella nota firmata dalla presidente Giulia Gabana – crede nel valore e nella crescita della pallavolo femminile e intende contribuire in modo concreto allo sviluppo di questo settore. La volontà è quella di costruire un progetto femminile serio e sostenibile, a partire dalla Serie B, ritenuta la base più coerente da cui far partire un percorso strutturato e di prospettiva. Stiamo finalizzando l’acquisizione di un titolo che avverrà e di cui daremo notizia nei prossimi giorni”. Quanto al PalaPanini, il club fa sapere che non può concederlo a terzi per “gli impegni già assunti dalla società in termini di calendarizzazione delle attività nei prossimi mesi”. A far esplodere definitivamente il caso è stato il presidente della Lega Volley Femminile, Mauro Fabris, che ha diffuso durissime dichiarazioni. Il diniego, ha detto, è “inaccettabile”. E ha rincarato la dose: “Per i ‘maschietti’, evidentemente, la pallavolo femminile è ancora uno sport minore da mandare nei campetti di periferia”. Poi l’affondo diretto alla società maschile: “Dimostra un atteggiamento evidentemente ancora patriarcale, una concezione privata di un bene pubblico, ma soprattutto una mancanza di rispetto non solo a una realtà sportiva e storica locale, intenzionata a ripercorrere le orme di una società che ha vinto tutto in Italia e in Europa, ma a un intero movimento, quello della Serie A Femminile”. Fabris non si è fermato qui. “La Volley Modena femminile merita di disputare il campionato di Serie A nello storico palazzetto cittadino, un impianto che non può essere considerato un bene privato ma un tempio di tutta la pallavolo italiana, al femminile come al maschile. La mancanza di spazi non può essere una giustificazione, soprattutto se condizionata dalla presenza delle formazioni Under 19 e Under 17, vista la netta e sostanziale differenza di rilevanza sportiva e di interesse tra i campionati di Serie A femminile, che rappresentano l’eccellenza del movimento pallavolistico di interesse nazionale ed internazionale, e i campionati giovanili maschili”. Intanto, il Comune cerca di mediare, ma l’impressione è che il caso Modena sia già diventato simbolico. Perché il rischio è che dietro la porta chiusa del PalaPanini si intraveda un problema strutturale, che riguarda accesso, visibilità e pari dignità nello sport. Anche se si gioca a pallavolo, la posta in palio sembra molto più alta.
