Il tennis italiano, oramai sulla bocca di tutti, il torneo più prestigioso che ospitiamo – le Atp Finals di Torino – e un decreto del governo che cambia le regole del gioco. Il Fatto Quotidiano parla apertamente di “occupazione” e “invasione meloniana”. Il governo invece rivendica una legittima supervisione su un evento foraggiato da decine di milioni pubblici. Nel mezzo, la Federazione Tennis, sorpresa da un colpo basso arrivato da fuoco amico. Ma cosa sta succedendo davvero?
Il decreto approvato in Consiglio dei ministri ha modificato la governance delle Finals, che finora erano in mano esclusiva alla FederTennis di Angelo Binaghi, finito qualche mese fa nel mirino di Report, introducendo un nuovo Comitato organizzatore con dentro enti pubblici e la società Sport e Salute, cassaforte e cinghia di trasmissione della politica sportiva del governo. Un cambiamento radicale: da autonomia piena a minoranza secca (1 rappresentante su 5). E, per non farsi mancare nulla, il testo apre anche alla possibilità di una “Commissione tecnica” con potere su contratti e appalti. Insomma, là dove girano i soldi.
Secondo il Fatto, non sarebbe una misura tecnica, ma una mossa pensata nei corridoi della politica che conta, in alto, vicinissimo alla premier Giorgia Meloni. I nomi che circolano sono quelli di Marco Mezzaroma e Giuseppe De Mita, oggi ai vertici di Sport e Salute, amici e fedelissimi della cerchia meloniana. Non è solo una questione di gestione: è simbolica, politica, strategica. Il tennis, in questo schema, diventa terreno di conquista.
Eppure, è proprio questo il paradosso: Binaghi, al vertice della Fitp, è uno che col governo ha sempre dialogato. Conosce e stima Giorgetti, è alleato di Paolo Barelli (Forza Italia), spingeva con lui la candidatura di Luca Pancalli alla guida del Coni. Se c’era un uomo dello sport vicino alla maggioranza, era lui. E allora perché questo “siluro”? E da chi è partito davvero?

Il decreto approvato in Consiglio dei ministri ha modificato la governance delle Finals, che finora erano in mano esclusiva alla FederTennis di Angelo Binaghi, finito qualche mese fa nel mirino di Report, introducendo un nuovo Comitato organizzatore con dentro enti pubblici e la società Sport e Salute, cassaforte e cinghia di trasmissione della politica sportiva del governo. Un cambiamento radicale: da autonomia piena a minoranza secca (1 rappresentante su 5). E, per non farsi mancare nulla, il testo apre anche alla possibilità di una “Commissione tecnica” con potere su contratti e appalti. Insomma, là dove girano i soldi.
Secondo il Fatto, non sarebbe una misura tecnica, ma una mossa pensata nei corridoi della politica che conta, in alto, vicinissimo alla premier Giorgia Meloni. I nomi che circolano sono quelli di Marco Mezzaroma e Giuseppe De Mita, oggi ai vertici di Sport e Salute, amici e fedelissimi della cerchia meloniana. Non è solo una questione di gestione: è simbolica, politica, strategica. Il tennis, in questo schema, diventa terreno di conquista.
Eppure, è proprio questo il paradosso: Binaghi, al vertice della Fitp, è uno che col governo ha sempre dialogato. Conosce e stima Giorgetti, è alleato di Paolo Barelli (Forza Italia), spingeva con lui la candidatura di Luca Pancalli alla guida del Coni. Se c’era un uomo dello sport vicino alla maggioranza, era lui. E allora perché questo “siluro”? E da chi è partito davvero?

Le spiegazioni ufficiali parlano di trasparenza e controllo, giustificati dai circa 80 milioni di fondi pubblici investiti nell’evento. Un prezzo da pagare, si dice: accetti i soldi, rinunci a parte del comando. Ma la Fitp quegli 80 milioni non li chiede più, se il prezzo è perdere il timone. E la domanda torna: è davvero un problema di soldi o è una questione di potere?
Il silenzio di Binaghi non è rassegnazione. Potrebbe arrivare presto una mossa a sorpresa: coinvolgere l’Atp, l’ente che detiene i diritti delle Finals e che è storicamente allergico alla politica. Una lettera ufficiale, forse. Un richiamo all’autonomia dello sport. In casi estremi, qualcuno ha anche ipotizzato il rischio di revoca del torneo all’Italia. Rischio remoto, per ora. Ma se il clima non cambia, l’ipotesi potrebbe non restare solo teorica.
Nel frattempo, la grande partita si sposta dietro le quinte. Binaghi potrebbe trattare per limitare i danni: tenere Sport e Salute dentro, ma con limiti chiari, e soprattutto provare a bloccare l’istituzione della Commissione tecnica. Magari negoziare una clausola che leghi i poteri pubblici all’effettiva erogazione di nuovi fondi. Magari rinunciarci, a quei fondi, se questo significa mantenere il controllo dell’evento.
È una storia di sport, certo. Ma anche un pezzo del grande racconto del rapporto tra potere politico e autonomia delle istituzioni. Il tennis, stavolta, è solo il campo. Ma la partita è tutta politica. E si è appena aperta.