L’inchiesta di Report sulla Federazione Nuoto ha messo sotto esame anche il lungo mandato di Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel (Fitp), e il suo presunto modello di gestione accentrato e incontrastato. Il servizio, intitolato “Barelli & Binaghi. I monarchi dello sport italiano”, si è focalizzato sui meccanismi di potere e sulle modalità operative che avrebbero permesso a Binaghi di rimanere in carica dal 2001 fino a oggi, consolidando un dominio senza precedenti nel mondo dello sport italiano. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, Binaghi avrebbe costruito un sistema di potere basato su una rete di fedelissimi presidenti dei comitati regionali, che svolgerebbero un ruolo cruciale nel garantirgli consenso e continuità ai vertici della federazione. Questo controllo territoriale gli avrebbe permesso di consolidare una posizione di leadership incontrastata, eliminando o marginalizzando eventuali oppositori interni.
Secondo Report il modello gestionale della Fitp sarebbe caratterizzato da un’accentuata centralizzazione decisionale che limiterebbe ogni possibilità di dissenso. Viene descritta una federazione più simile a un’azienda privata che a un’organizzazione sportiva, dove la figura del presidente sembra essere quasi un amministratore delegato con poteri illimitati. Totalitarismo a parte, il problema sarebbe che Binaghi è stato rieletto a settembre dell'anno scorso col 96% dei voti. Una percentuale sudamericana, ma Report specifica che alle urne non avrebbe avuto rivali perché gli sfidanti non sarebbero riusciti a presentare la propria candidatura. Per la precisione, tra i punti più controversi sollevati da Report, emerge l'accusa secondo cui la lunga permanenza di Binaghi alla presidenza sarebbe il risultato di regole federali “ad personam”, che renderebbero difficoltoso un vero ricambio ai vertici. A pochi mesi dalle elezioni, come riporta Ranucci, la Federazione riscrive lo statuto aggiungendo un nuovo comma decisivo per cui ogni candidatura avrebbe avuto bisogno di tre sottoscrizioni tra atleti e tecnici delegati, rendendo più difficoltosa la procedura. Corrado Barazzutti, intervistato dall'inviato di Ranucci, ha spiegato che coloro che si sono poi davvero candidati sono stati “degli eroi”. Report manda in onda una telefonata tra un candidato della lista Barazzutti e un presidente di comitato regionale. Il presidente spiega all'aspirante candidato che è “proprio il simbolo di presentarsi” a essere sbagliato, e che in altre regioni “hanno deciso di ritirare la candidatura perché avevano capito di aver fatto una caz*ata”
Barazzutti rivela di essersi rivolto anche al Coni e al ministro Abodi, ma di non aver cavato un ragno dalla rete. Binaghi, sempre ai microfoni di Report, ribatte che di tutti i candidati se ne sarebbero ritirati soltanto due in Emilia Romagna, e che gli altri 15 avrebbero tirato su soltanto una quota minima di voti, per cui il problema non sussisterebbe. Nonostante le critiche al suo stile di gestione, in effetti, è innegabile che il tennis italiano abbia vissuto un periodo d’oro sotto la guida di Binaghi, sia in termini di successi sportivi che di crescita economica. Tant'è che quando l'inviato di Report chiede a Binaghi: “Dunque non ha cambiato le regole perché aveva paura di perdere le elezioni?”, il presidente risponde quasi incredulo: “Paura di perdere? Coi risultati di Sinner?”. Certo una gestione così longeva desta qualche sospetto. Con Binaghi, a quanto spiega Report, la Federtennis ha fatto il boom di tesserati, raggiungendo la cifra record di 50 milioni di euro. Un esempio emblematico riguarda l'inaugurazione della nuova sede, proprio con Sinner, un antico convento costato 18 milioni di euro. “Abbiamo comprato una nuova casa”, spiega Binaghi, “come farebbe un buon padre di famiglia”. Inoltre, sempre a quanto sostiene Report, Binaghi avrebbe indirizzato i fondi del Pnrr al circolo di sua proprietà. Il presidente replica che ha partecipato al bando da cittadino, ovviamente, e non in veste istituzionale. Insomma, l'ha fatto perché lo poteva fare. Come per quanto riguarda le rielezioni. Cambierà qualcosa? Il ministro Abodi conferma a Report che sta pensando di apportare modifiche alla elezioni, ma se ne parlerà alla scadenza del mandato, ovvero tra quattro anni.