Alla vigilia della finale degli Us Open 2025 tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz è spuntata una voce suggestiva: un presunto studio del MIT (Massachusetts Institute of Technology), commissionato da Nike, che avrebbe calcolato con precisione le probabilità di vittoria dei due rivali. Secondo l’indiscrezione, Sinner avrebbe addirittura l’87 per cento di chance di imporsi sullo spagnolo. Un numero che fa discutere, ma che alla prova dei fatti non trova riscontri reali. Le collaborazioni tra Nike e il prestigioso ateneo americano esistono, ma hanno riguardato temi ben lontani dal tennis giocato: l’innovazione nei materiali e la sostenibilità delle produzioni, non certo l’analisi tecnica di due campioni in campo. Nessuna pubblicazione ufficiale del MIT ha mai trattato Sinner e Alcaraz, né tantomeno le loro partite. Eppure, come spesso accade nello sport, le suggestioni attecchiscono perché si innestano su elementi di verità parziale. Non è un caso che la voce sia diventata virale proprio all’interno di un video sui social di Gabriele Venturini, meglio conosciuto come gabrysolution, che ha contribuito a rilanciare il presunto “studio” trasformandolo in un contenuto capace di accendere discussioni e curiosità. È vero, per esempio, che le condizioni di gioco incidono sulle loro sfide. Parlare però di una soglia fissa di 58 chilometri orari nella velocità della palla come discriminante tra vittoria e sconfitta non ha senso: la realtà è che i colpi da fondo campo viaggiano ben oltre, spesso oltre i cento all’ora. Più corretto dire che Sinner tende a trarre vantaggio da scambi rapidi e lineari, soprattutto sul cemento e sull’erba, mentre Alcaraz trova maggiore libertà espressiva su superfici che permettono variazioni di ritmo, come la terra rossa. Anche il tema dei tempi di recupero è stato forzato. Non esistono dati che colleghino il rendimento di Alcaraz o Sinner a un numero preciso di secondi tra un punto e l’altro.
Le regole fissano un massimo di venticinque secondi, e sta ai giocatori gestirli: l’italiano si affida a una routine più veloce, lo spagnolo tende ad allungare quando la tensione sale, ma ridurre il tutto a percentuali non supportate da studi è una semplificazione. Un discorso simile riguarda la presunta “squalifica” di Sinner, spesso citata impropriamente nelle ricostruzioni online. In realtà, l’altoatesino è stato sospeso per tre mesi a inizio 2025 in seguito al caso Clostebol, una vicenda legata alla contaminazione accidentale da una pomata usata dal fisioterapista senza guanti. La Wada aveva inizialmente chiesto una squalifica più lunga, ma l’accordo extragiudiziale ha ridotto la pena, riconoscendo l’assenza di dolo. L’episodio ha rappresentato un momento difficile della sua carriera, ma non ha mai intaccato la sua immagine di atleta corretto e professionale. Quello che invece è certo è che entrambi, negli ultimi anni, hanno investito molto sull’analisi tattica. Sinner ha imparato a mettere in difficoltà Alcaraz insistendo sul lato del rovescio alto, mentre lo spagnolo ha affinato l’arte del drop shot per spezzarne il ritmo. E allora, perché chiamare in causa Nike? Perché il colosso dello sportswear veste entrambi ed è naturale che segua con attenzione la loro rivalità. Non per stabilire un vincitore, ma per valorizzarli entrambi, sottolineando in uno la disciplina e la costanza, nell’altro l’estro e l’energia. In un mercato sempre più competitivo, Sinner e Alcaraz sono per Nike due volti complementari da raccontare al mondo. Al di là delle percentuali inventate, dei video virali e delle indiscrezioni senza fondamento, una certezza rimane: la rivalità tra questi due ragazzi è già uno dei grandi motori del tennis contemporaneo. E a Flushing Meadows, come sempre, saranno talento, condizione e nervi saldi a scrivere il verdetto, non algoritmi immaginari.

