Tutta la prima vita con Emilio Alzamora e poi la seconda con Jimmy Martinez. Il manager di Marc Marquez, subentrato ormai qualche anno fa all’ex campione delle 125, c’entra poco o niente con le motociclette e s’è fatto le ossa dentro RedBull. Però sentiva di potersi prendere sulle spalle una sfida enorme: esserci mentre Marc Marquez provava a rinascere. E, oggi, dopo anni passati sempre un po’ defilato rispetto a giornali e telecamere, ha deciso anche di parlare. Di raccontare se stesso e, contestualmente, raccontare il suo Marc. Quello che domenica scorsa a Motegi non ha solo vinto il nono titolo mondiale, ma ha anche fatto succedere un sacco di cose strane. Tipo? Tipo Honda, la sua ex squadra ma ora anche la sua avversaria, che gli sfila davanti uno per uno per congratularsi, tipo Yamaha che addirittura gli dedica un post con tanto di battuta giocosa di Fabio Quartararo. Ha fatto qualcosa di sportivamente grandioso e è inutile negarlo. E, contestualmente, ha pure dimostrato di essere un uomo diverso, segnato dal dolore, dalla sofferenza, dalla forza che c’è voluta per perdonarsi prima e ripartorirsi poi e, probabilmente, aiutato proprio da chi gli è stato a fianco in una maniera differente. Sì, è a Jimmy Martinez che torniamo e alle parole che ha affidato a DAZN per descrivere questo Marc.

Tutti, ma proprio tutti, infatti, si sono soffermati oggi sul passaggio in cui Martinez definisce Marc “una bestia”. Lo è stato sempre, lo è ancora. E non c’è niente di nuovo anche se quella parola lì fa effetto. Il passaggio che dice tutto e che dovrebbe fare molto più effetto, quasi paura, invece, è un altro. “E’ già da un po’ che sta pensando al 2026”. Sì, Marc Marquez ha vinto il suo nono titolo mondiale quando ormai la sua testa era proiettata al prossimo. Non c’entra il decimo, il superare Valentino Rossi, i numeri che contano sempre e solo relativamente, ma c’entra l’atteggiamento di un ragazzo che ha 32 anni e è consapevole di averne sprecati sei. E che quindi vive provando a allungare la gioventù senza lasciare mai niente al “andrà come andrà”. “La cosa impressionante – racconta ancora Martinez – è che lui anche mentre guarda la televisione si mette a fare gli addominali. Quando gli sei vicino, anche se gli sei vicino praticamente sempre, non smetti di rimanere stupito”.

“Celebrare”, oggi, è il verbo che riguarda – relativamente a Marc Marquez – tutti quelli che Marc Marquez non sono. Anche quando si tratta di avversari. Mentre Marc Marquez, almeno a sentire il suo manager, sta già sul futuro. Che poi è un po’ quello che ha lasciato intendere subito dopo il test di Misano, nel lunedì successivo alla gara, proprio il 93, spiegando che nel box insieme agli ingegneri Ducati aveva lavorato per capire in che direzione andare con il lavoro sulla Desmosedici GP26. Che sarà, e qui c’è da avere paura davvero, la sua prima vera Ducati: quella su cui, volenti o nolenti, sarà lui a decidere. La pagina, insomma, è già girata in casa Marquez e adesso si è già dentro le primissime pagine di un nuovo capitolo che tanto nuovo non è, perché l’intero romanzo è già scritto nella testa di un ragazzo e di un campione che a dire basta non ci pensa nemmeno. Figuriamoci a sentirsi appagato.
"L'intero piano – ha infatti concluso Martinez nella sua intervista a DAZN Spagna - ha iniziato subito a funzionare esattamente come previsto. Ma la verità è che era un momento terribile quando abbiamo iniziato a lavorare insieme. Ricordo di avergli detto: 'Se c'è qualcuno che può farlo, sei tu. Svilupperemo una strategia, decideremo con molta attenzione quali passi intraprendere’. E da lì ci abbiamo provato sapendo che tanto non sarebbe potuta andare peggio. Abbiamo iniziato il viaggio passo dopo passo, senza fretta, ma Marc non era già più un ragazzino: dovevamo in qualche modo trovare quel punto di svolta relativamente in fretta. E è arrivata la Ducati di Gresini”.