Da quando Senna non corre più non abbiamo mai smesso di parlare di lui. È rimasto lì, cristallizzato negli anni che aveva quando il primo maggio del 1994 la sua storia si è fermata a Imola. Ha ancora 34 anni, come quel giorno. Ha sempre 34 anni, anche oggi che ne avrebbe compiuti 63. Nato all'inizio della primavera, all'inizio di un nuovo segno zodiacale, all'inizio di un mondo diverso per il suo sport, il suo paese, il suo popolo. Ayrton è stato anticipatore in tutto, e dentro tutto ha lasciato una parte di sé.
Forse è proprio per questo che niente di lui ha mai davvero lasciato la pista. Chi di tutto vive, in tutto rimane. Senna era un uomo, prima di un pilota. Uno dei primissimi anche in questo. Non era il personaggio del duro e vincente, non era il sopra le righe, la rockstar, il grande lavoratore. Mentre gli altri portavano sulle spalle soprannomi che li disegnavano, come ritratti, il brasiliano ne aveva uno che lo rendeva ancora più imprendibile.
Da "Hunt The Shunt" - Hunt lo schianto - a Niki Lauda "il computer", passando per il suo grande avversario "il Professore" Prost, fino a chi è arrivato dopo di lui, con "il Kaiser" Schumacher e "il martello" Hamilton. Semplici, perfetti per ognuno di loro, per definirne le caratteristiche più visibili, tangibili, quasi caricaturali di un modo di comportarsi in pista che li ha resi amati, odiati, ricordati.
Ma non Senna. Senna era Magic. La magia. Che non la definisci, non la spieghi, non la comprendi quando c'è, non la puoi dimenticare e basta quando è passata. E così, da quando Senna non corre più, di Ayrton qualcosa rimane. Il confronto continuo con gli altri, il bisogno di trovare, vedere, creare collegamenti: chi ha corso come lui, chi ha vinto meno, uguale o più di lui, chi ha fatto le stesse pole, le stesse mosse, gli stessi errori. In una Formula 1 popolata da giovane talenti che per più di metà della griglia non hanno mai avuto l'occasione di godere del Senna vivo, guardare e studiare il Senna pilota, a ognuno di loro rimane comunque qualcosa di lui.
"Non l'ho mai visto correre ma per me è la più grande fonte d'ispirazione, perché era un pilota estremamente aggressivo in pista ma fuori dalla macchina era di una dolcezza unica, dotato di una sensibilità fuori dal comune" mi ha raccontato Andrea Kimi Antonelli nel corso di un'intervista, raccontando il suo Senna, il mio mito mai conosciuto. Nato nel 2006, la giovanissima stella del nostro motorsport ha costruito intorno al disegno della magia di Ayrton un ritratto suo, personalissimo, così forte da essere motivazione e traguardo, spinta e icona.
Che da quando Senna non corre più, Ayrton continua ad esserci. Perché il protagonista non lo uccidi mai davvero. Il ricordo di un uomo così spirituale, così diviso tra due personalità - agguerrite e fragili - sopravvive in chi in pista prova ad assomigliare a lui, prima che a tutti gli altri. Che vuole la magia, non i numeri, i mondiali, i podi senza tutto il resto.
"Vivo di emozione, tanta emozione. Ci sono delle volte che non la dimostro, perché non la voglio dimostrare, riesco a guardare dentro di me. Però nella mia personalità, nel mio carattere, devo avere tanta emozione per mantenermi motivato non solo nella mia professione ma nella mia vita". Così, Senna, diceva di sé. La spiegazione chiara di un uomo che sapeva guardarsi dentro, si vedeva intero. Fragile, diverso, complesso nei suoi eterni 34 anni.
Anche oggi, oggi che ne avrebbe 63 anni. Oggi che da quasi 29 anni non corre più. Che i tifosi lo ricordano con meno nitidezza, che tanti di loro non l'hanno mai visto, mai conosciuto. Oggi, sempre. Inspiegabile come tutte le magie. Solo Ayrton Senna.