Il team Pramac è ormai una delle realtà più solide della MotoGP, da 22 anni sono protagonisti e, dall'anno scorso, anche vincenti. Pramac ha infatti vinto la classifica per team: mai prima di loro un team privato aveva raggiunto questo risultato in MotoGP. Paolo Campinoti, intervistato da Paolo Beltramo per Sky, ha raccontato passato, presente e (soprattutto) futuro del team che dal 2005 ha legato il suo nome a Ducati.
Intanto una breve spiegazione: il nome Pramac deriva dalle iniziali di papà, mamma e zii di Paolo Campinoti che hanno avviato la loro impresa negli anni sessanta del secolo scorso; Paolo, Riccardo, Alessandro, Mario e Adriana Campinoti. Per capire cosa facciano basti sapere che in molti dei circuiti in cui si corre in notturna sono illuminati grazie ai suoi gruppi elettrogeni.
Una storia, quindi, che viene da lontano ma che a differenza di quanto spesso accade non nasce dalla passione per le moto. Anzi, il team nasce quasi esclusivamente per motivi commerciali: “No appassionati no, - racconta Campinoti - ma eravamo già partner storici di Honda per i motori dei gruppi elettrogeni e, tramite loro, siamo riusciti a partire con un team, quello di Jeff Hardwick, che era in difficoltà proprio con la Honda, non li pagava e cose così. Era il 2002. Quella prima volta avevamo Tetsuya Harada come pilota e Honda; siamo stati i primi a portare le Bridgestone in MotoGP che ha iniziato con noi insieme a Tamada. Per me è stata un’esperienza diciamo fortuita, ma che poi è diventata un mezzo importante per la promozione dei nostri prodotti a livello mondiale. Da lì poi abbiamo iniziato a sviluppare il team ed è arrivata la passione. All’inizio ci ha aiutato la Honda e per noi era una cosa più che altro commerciale”.
Ma quello che colpisce nel racconto di Campinoti è il suo rapporto con i piloti, sia quelli del suo team che gli altri: “A parte i presenti sono molto legato a Iannone, a Jack Miller, Barros che sento e vedo ancora, gente che oltre ad essere grandi piloti e professionisti, sono persone con un gran cuore, persone che lasciano il segno. Con questi ti resta un legame che va oltre l’aspetto professionale. Un altro che per me ha lasciato un segno professionale, ma anche personale, è Johann Zarco”.
Inoltre Pramac è stato il primo team a credere fermamente nel progetto Ducati, che oggi è il punto di riferimento, ma nel 2005 non era affatto così, anzi: “Sai, adesso è facile parlare di Ducati, ma quando siamo arrivati noi la MotoGP di Ducati era una moto che nessuno voleva, ma noi abbiamo creduto nel progetto, nelle persone, nella forza di Ducati. Sinceramente ci sentiamo anche molto partecipi di questo sviluppo, di questi successi. Ora godiamo anche dei benefici del lavoro che abbiamo fatto con loro. Abbiamo iniziato prima di Stoner, nel 2005, quando c’era Capirossi. Il dopo Stoner (campione del mondo nel 2007) è stato il periodo più basso di Ducati. All’inizio c’era l’entusiasmo di cominciare, poi con Stoner si vince. Ma con la sua partenza le cose si sono un po’, come dire, avvitate su sé stesse e non si riusciva a fare una moto che attirasse i piloti. Nessuno voleva venire con Ducati. Una volta dovevamo strapagare i piloti e ora Marc Marquez è venuto gratis. Guarda un po’ qual è la forza di questa azienda!”.
Ma i risultati che sono arrivati non rappresentano una sorpresa, perché secondo Campinoti il progetto e gli uomini Ducati erano vincenti. Oggi è facile dirlo, ma per anni (basti pensare alle fallimentari annate con Valentino Rossi) la moto di Borgo Panigale era vista come un oggetto inguidabile o quasi, sicuramente non all'altezza di Honda e Yamaha. Marc Marquez a parte la verità è che il vicecampione del mondo in carica, Jorge Martin, veste proprio i colori Pramac, un team privato che è l'unico ad avere a disposizione la GP24. A questo proposito Paolo Campinoti ha le idee molto chiare: “Jorge è di sicuro un grandissimo talento. È velocissimo, forte, ha fatto un grande salto come persona, ora è più equilibrato, più responsabile, più sereno, tranquillo. Se riuscirà a gestire un po’ più quell’esplosività naturale che ha e la incanala diventa secondo me il pilota più forte che c’è in MotoGP. Se guardiamo la seconda parte di stagione ’23 ha davvero dominato e se non ha vinto è perché ha commesso degli errori, se riesce a gestirsi meglio è una furia. Quest'anno si punta anche al mondiale piloti. Non so se ce la faremo, ma mi pare sia lecito che dopo la stagione che abbiamo fatto l’anno scorso si parta per vincere. Poi puoi riuscirci o no, ma l’obiettivo è stare nelle prime posizioni sempre. A livello di Team siamo quello da battere, il pilota è finito secondo nel mondiale; quindi, mi sembra giusto partire per vincere. Poi a livello scaramantico puoi dire altro, ma l’obiettivo è quello di vincere. Fa parte anche di un’evoluzione logica, naturale”.