Vincere o fallimento. Per l’Inter di Simone Inzaghi è sempre così. Non bastano quasi quattro stagioni di altissimo livello su tutti i fronti, due Coppa Italia, tre Supercoppa Italiana, un campionato di Serie A e il traguardo di una indimenticabile finale di Champions League. Descritta all’inizio di ogni stagione come la squadra più forte, deve dominare. Altrimenti sono dolori. Ma che sport è questo? Sicuramente non il calcio, non uno sport collettivo in cui può sempre accadere di tutto. I risultati certi non esistono più nemmeno alle elezioni e nel ricette dei bucatini alla carbonara, figuriamoci se l’Inter ad agosto vince tutte le partite senza giocarle.

È lì, in testa, un punto sopra al Napoli, rappresenta l’Italia da sola nell’Europa che conta, in Coppa Italia può vendicarsi dei derby persi con il Milan, ma dopo il pareggio sofferto contro gli azzurri di Conte, a casa loro, sembra sia sia prossimi al precipizio. Addirittura sentiamo il brusìo dei tifosi che criticano l’allenatore, per molti arrendevole nell’atteggiamento trasmesso alla squadra e battuto ai punti dall’ex in casa nerazzurra che sembra essere diventato l’uomo buono per tutte le stagioni e per tutte le case degli italiani.
La verità a noi appare un’altra: Simone Inzaghi è più forte di Conte, però sa meno giocare con gli strumenti della comunicazione. A dirlo sono i numeri, visto che ce li ponete voi, moderni opinionisti, come forma di verità assoluta: Inzaghi è l’allenatore che, nella storia dell’Inter, ha la percentuale più alta di vittorie (il 64,41 per cento), come numeri assoluti è quello che ha raggiunto più velocemente di tutti (sopra Allegri, Capello, Ancelotti) 200 partite con risultato favorevole su meno di 350 giocate. Però, se nella ripresa, contro il Napoli secondo in classifica, sostituisce Bastoni perché, per una serie di infortuni non previsti, c’è da sistemare l’approccio tattico, non è più buono. Giudizio eccessivamente severo che ci spiega, forse, che l’unico problema dell’Inter potrebbero essere i tifosi.
Approfondiamo meglio la questione con il giornalista Fabrizio Biasin, simbolo dell’Interismo in Italia.
“I tifosi dell’Inter chiedono sempre il massimo perché sono abituati all’eccellenza. Fino a quando loro pretendono successi e trofei è uno stimolo per l’ambiente. Non fanno un racconto corretto i media quando descrivono l’Inter come una squadra fortissima che deve vincere tutte le partite, altrimenti è un fallimento. Andrebbe considerato il percorso di questo gruppo nei quattro anni di gestione Inzaghi, sempre lì, a giocarsela ad altissimi livelli su tutti i fronti”.
Dopo il pareggio sofferto in casa del Napoli ha trovato eccessive le critiche nei confronti della squadra e dell’allenatore?
“Sì, è stata una valutazione esagerata. Prima di tutto va considerata la forza dell’avversario. Il Napoli, nonostante Conte faccia il suo gioco ricordandoci ogni volta il decimo posto della passata stagione, è una squadra dalla rosa importante, costruita per vincere con un mercato in cui sono stati spesi oltre 100 milioni. Poi c’è il campo: l’Inter è passata in vantaggio e ha retto bene fino a quando poteva contare sui suoi uomini migliori. Siamo rimasti senza fasce, senza Chala. Era normale abbassarsi e soffrire. Il pareggio ci fa restare in testa alla classifica. Siamo primi, o sbaglio?”.
Non dovessero arrivare trofei come valuterebbe questa stagione?
“È questo l’errore. Credo sia necessario mantenere una certa lucidità nelle analisi senza sparare sempre sentenze. In questi tre anni e mezzo, con Inzaghi, abbiamo raggiunto il più alto livello di gioco mai visto, abbiamo vinto trofei, sfiorata una Champions League senza investimenti sul mercato a differenza dei competitor che spendono milioni su milioni e poi vediamo dove si ritrovano (il riferimento al Milan e alla Juve pare scontato ndr). Nel calcio le stagioni sono difficili, ci può stare un calo. In questa settimana il Real Madrid ha perso, il City è in grave crisi da mesi, il Bayern Monaco ha attraversato periodi complicati, non mi pare sia crollato il mondo. All’Inter non è concesso”.
Però il pronostico non me l’ha fatto.
“Non faccio pronostici! Mancano due mesi e possiamo vincere tutto o chiudere con zero titoli, ma sono ottimista perché so che la mia fede nerazzurra è in mano a un grande allenatore e a un gruppo di ragazzi fantastici”.
