Considerare fallimento la stagione del Milan che si è appena conclusa, è semplicemente riduttivo. In via Aldo Rossi siamo di fronte a un disastro assoluto. E, se è vero che è inutile, e noiosamente ripetitivo, ribadire la storia del club italiano più titolato in Europa, perché ormai è un bel po’ di tempo che Berlusconi non c’è più e non c’è più nemmeno Maldini che aveva provato a riaccendere i sogni del popolo rossonero, è anche comprensibile la delusione dei tifosi, devastati da sconfitte su tutti i fronti e brucianti brutte figure, una dopo l’altra. Chi crede nel Milan, ci spende tempo e soldi, non accetta più lo status di minore, perdente. Però la realtà è cruda e sotto gli occhi di tutti; il Diavolo è diventato un angioletto con la guance rosse che non fa più paura a nessuno. Errori su errori. Decisioni scellerate e uomini sbagliati nei ruoli sbagliati. È tutto da rifondare.

Lo pensano anche i tifosi che, davanti a Casa Milan, con la sciarpa che indossano da una vita urlano “Cardinale devi vendere” oppure “Tutti casa: Cardinale, Moncada, Furlani, Ibrahimovic, Scaroni. Liberate il Milan da questa agonia”. In effetti i numeri sono un incubo dei peggiori. Milan ottavo in campionato e fuori dalle Coppe Europee come, sul campo, non accadeva dalla stagione 2015/16. Tutti gli obiettivi falliti esclusa la misera Supercoppa italiana, Milan Futuro retrocesso nei dilettanti, assetto societario confusionario, conti di nuovo in rosso per 25 milioni (forse il peggiore dei mali) e nessun punto di riferimento. Anzi, uno a breve dovrebbe esserci ed è Igli Tare, prossimo a diventare il Direttore Sportivo rossonero.
Basterà per risollevare questa nobile decaduta del calcio italico? Difficile senza un supporto adeguato e un ruolo chiaro. Perché in giro, tra le stanze degli uffici di comando, ci sono ancora Ibrahimovic che non abbiamo ancora capito di chi è il boss e Furlani che pare sia l’uomo dei numeri, quello dei Sì e dei No. Quindi, chi decide? C’è da ricostruire dalle fondamenta un brand (così parlano gli uomini di azienda) che, se si sta sul calcio, è un mito in tutto il mondo. Mica si può continuare a far morire tutti di vergogna. Perché gli errori sono stati troppi. Un fallimento in tutti i luoghi e in tutti i laghi.
Prima di tutto c’è stato un affronto all’identità. E questa ce la devono spiegare gli uomini di RedBird: come si fa a cacciare Paolo Maldini (con lui Massara), monumento assoluto di questo club, dopo che, sotto la sua guida, era arrivato addirittura uno scudetto? Follia.
Capitolo allenatori: nell’estate 2024 c’era Antonio Conte libero, benché non si possa considerare l’equazione perfetta, alla luce del successo raggiunto con il Napoli, pare assurdo che i rossoneri non abbiamo tentato di portarlo a Milanello. E poi sarebbe necessario comprendere il significato delle scelte di Fonseca e Conceicao, entrambi coach già esonerati prima di iniziare a lavorare.
Qualche folata, nonostante tutto, c’era stata: la vittoria a Madrid in Champions League, i successi nei derby, la Supercoppa. Il resto, buio. Perché dalla massima competizione Europea il Milan era stato stato eliminato da un modesto Feyenoord, dopo la sconfitta rimediata anche dalla Dinamo Zagabria che li aveva obbligati ai playoff. La Coppa Italia invece era sfumata in finale contro il Bologna, mentre del campionato di Serie A meglio non parlarne. Essere arrivati ultima delle prime, a pari merito con la Lazio, ha fatto impazzire gli ultras. Perché la squadra, secondo l’opinione dei massimi esperti italiani, ci sarebbe stata. Calciatori individuali come Leao, Hernandez, Maignan, Rejinders, sono da prima della classe, non da inseguitrice.
Ma non basta, qui si cade addirittura nel ridicolo. Perché da quest’anno c’era il sogno di Milan Futuro, la creatura che Ibrahimovic in persona aveva presentato come “Il copia e incolla della prima squadra”. Oggi possiamo dire che è andata proprio così. Peccato che sarebbe dovuto essere il serbatoio per i campioni del futuro, perlomeno avrebbe dovuto costruire ragazzi sui quali puntare e sui quali lavorare per una valorizzazione. Niente. Qui il disastro ha avuto del clamoroso. Per mettere in piedi la squadra che ha giocato il campionato di Lega Pro, sono stato investiti 15 milioni. Somma folle, oltre misura, per la terza serie italiana. Risultato? Retrocessione in serie D.

Aveva iniziato Antonio D’Ottavio come responsabile e l’allenatore sembrava dovesse essere Abate dopo la stagione alla guida della primavera. Invece no, dietrofront. Le voci hanno fatto girare le notizia che sia stato Ibrahimovic ad allontanarlo, perché non avrebbe dato molto spazio al figlio Maximilian. Soprassediamo. Fatto sta che la squadra dei giovani rossoneri è passata di mano a Jovan Kirovski, personaggio poco conosciuto dalle nostre parti, con una carriera avventurosa negli Usa in MLS. Segni particolari? Amico di Ibra. In panchina si sono alternati Daniele Bonera e Massimo Oddo, due milanisti ok, ma con 20 partite da allenatori complessive. Il finale è parso fin da subito segnato, anche se il crollo tra i dilettanti è ha superato ogni visione catastrofica.
Infine ci sono le casse, che sono tornate a piangere. L’esclusione dalle Coppe Europee costerà al club circa 80 milioni e se ci mettiamo a fare la conta dei costi e dei ricavi emerge una perdita di 25 milioni circa. Le ipotesi sul tavolo oggi sono tante, prima tra tutte lo snodo dello stadio che si dovrebbe fare in collaborazione con l’Inter, sempre a San Siro. Sarebbe la svolta, perché i ricavi aumenterebbero e si porrebbero le basi, secondo ciò che si racconta a radio Calcio e Finanza, per una cessione.
Niente di ufficiale, solo rumors che accompagnerebbero il Milan forse verso una nuova proprietà araba. Ma Cardinale deciderà davvero di vendere come gli chiedono i tifosi? Se arriva il gruzzoletto probabilmente sì. Ma prima ci sarebbe da tornare a vincere, sul campo.
