Alex Schwazer è finalmente tornato libero dal punto di vista sportivo. Lo è da luglio, dopo un percorso durato otto anni, visto in cui ha dovuto scontare fino all’ultimo giorno una squalifica per doping, contestata in tutti i modi. Non poteva non esprimersi su un caso come quello del doping Clostebol di Jannik, per cui da mìmesi il tennista è sotto la lente di ingrandimento di media, sostenitori ed haters, tra cui ovviamente Kyrgios. Il campione di atletica leggera si esprime così: “Il Clostebol è l’esempio perfetto di come le sanzioni non siano uguali per tutti. Sinner può permettersi di difendersi, altri invece sono stati condannati senza possibilità di replica per la stessa sostanza e in circostanze simili. Jannik è sicuramente innocente, e gli innocenti non dovrebbero mai essere puniti. Ma nel mondo della giustizia sportiva e antidoping, essere innocenti o colpevoli non fa la differenza. La Federtennis lo difende mentre la Fidal non fece lo stesso con me? La Fidal è sempre rimasta in silenzio per tutelare il resto degli atleti: è una scelta, se alzi la voce possono esserci ritorsioni. E il motivo è sempre quello, c'è troppa politica nello sport”. Poi una stoccata molto poco velata alla Wada, con cui Schwazer ha combattuto una lunga battaglia: “La Wada si è chiesta a un certo punto: ammettiamo che c’è stato un errore o restiamo sulla nostra linea? La manipolazione delle provette è un evento possibile, come abbiamo visto con i russi alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014. E poi c’è gente che per la stessa sostanza prende un anno, due, otto o anche niente. La disparità è anche economica: il sistema costa troppo, non puoi difenderti. Una persona normale molla anche se non vorrebbe”.
Poi sul suo caso: “Gli ultimi otto anni sono stati molto difficili, ma la mia vita è sempre stata caratterizzata da alti e bassi. A 18 anni ero già convinto di smettere perché mi squalificavano sempre per marcia scorretta, lì stava per finire un sogno. Avevo perso le speranze. In poco tempo sono diventato un marciatore molto forte, è arrivato l'oro di Pechino, poi un susseguirsi di felicità e delusioni e sarà così sempre, è il mio destino”. E lui che cosa vuole fare? Come intende tornare nel mondo dello sport dopo che è assente dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016? In un'intervista a Repubblica, racconta dei suoi progetti futuri, con una sorpresa: “Voglio entrare nel mondo del calcio, sono stato un atleta individuale in uno sport di durata, il calcio è uno sport di squadra giocato da singoli. Voglio diventare preparatore atletico, mettere la mia esperienza al servizio di un ambiente nuovo. Voglio uscire dai soliti schemi, credo molto nell'interscambio di opinioni tra varie discipline”. E per farlo si ispira al suo ultimo allenatore, Sandro Donati, tornato in Fidal dopo 37 anni: “È stato un precursore di ciò che voglio fare io: ha allenato atleti di sport molto diversi. Questo approccio sta diventando sempre più comune: nel ciclismo, ad esempio, il team Visma di Vingegaard ha assunto l’allenatore del nuotatore Leon Marchand, mentre la Red Bull di Roglic ha coinvolto il mental coach di Verstappen”.