In un weekend di pausa dalle gare di Formula 1, prima di ripartire con il Gran Premio di Ungheria del 21 luglio, facciamo un passo indietro. Torniamo a Silverstone, al 7 luglio, il giorno che ha visto trionfare Lewis Hamilton per la prima volta dopo quasi tre anni di digiuno. Ma c’è qualcosa di più importante della vittoria in sé, della vittoria in pista, ed è quello che ha detto il pilota ai microfoni dopo la gara. Hamilton, prossimo volto della scuderia Ferrari insieme a Charles Leclerc, ha parlato di salute mentale, ha sfatato un tabù, quello del maschio alfa solo donne e motori senza alcun problema, sofferenza, disturbo. Nell’immaginario collettivo, mondi come quello del calcio e, ancor di più quello dei motori, sono distanti da tutto ciò e affrontare argomenti simili è ostico, perché si può essere spesso soggetti a critiche, a malevole dicerie, o alle illazioni dei miscredenti di turno. Ma lui si è liberato, e ha segnato un prima e un dopo con quelle parole: “Ci sono così tante volte in cui si ha la sensazione che non si riesca a fare abbastanza. E la delusione che a volte si prova… Sapete, viviamo in un’epoca in cui la salute mentale è diventata un problema molto serio. E non voglio mentire, l’ho sperimentato anche io. Sicuramente ci sono stati dei momenti in cui ho pensato che fosse finita, che non sarei mai più tornato a vincere. Non ho mai pianto per una vittoria, ma è accaduto spontaneamente. È stata una sensazione davvero molto bella”.
È liberazione quella che si sente nelle sue parole, un pianto spontaneo di ringraziamento a chi lo ha aiutato, a chi non ha smesso di credere in lui. Lewis ha dato una lezione a tutti: sì, sono figo, sono un uomo, ma piango e soffro come tutti. Abituati come siamo in Italia a nasconderci e a non parlare delle nostre insicurezze se non per generare un po’ di hype, lui si è dimostrato un campione con la c maiuscola. Secondo l’Oms (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 2030, ovvero dopodomani in pratica, il disagio mentale sarà il disturbo più diffuso sul pianeta terra. Sarà la pandemia peggiore a cui assisteremo, perché no, non ci saranno mascherine per difenderci o divieti da rispettare. Prima di lui lo aveva fatto in un’intervista il pilota della McLaren Lando Norris, raccontando dei problemi che ha avuto durante la sua prima stagione in Formula 1. Lando ha sofferto di depressione dopo il suo esordio in Formula 1 a 19 anni: “Arrivando in F1 a 19 anni, ci sono molti occhi puntati su di te. Quindi affrontare tutto questo genere di cose, ha avuto un forte impatto su di me. Era come se non sapessi cosa fare, percependo il peso di tutti gli occhi che erano puntati su di me. Avere a che fare con questo genere di cose non è affatto facile, con il costante dubbio di dover essere all’altezza in un mondo estremamente competitivo”. Sono ragazzi sottoposti a una pressione mediatica incredibile, e forse, spesso, non ci rendiamo conto di quanto, troppo facilmente, li utilizziamo come bersaglio. Grazie, Hamilton, perché sei il miglior testimonial per aiutare chi ti segue e chi ti venera. Che tutti possano prendere esempio da un uomo che si è dimostrato Superuomo, perché ammettere in mondovisione le proprie debolezze, cazzo se è difficile. Chapeau.