Non sono passati nemmeno sei mesi da quando si vociferava di una Ferrari in piena crisi che ci risiamo, ancora. Era il fine settimana del Canada e nel paddock di Formula 1 non si parlava d’altro: internamente alla Scuderia c’era tensione, tanta, la stessa che parrebbe essersi ripresentata dopo il fine settimana deludente di Singapore, l’ennesimo stagionale. A Montreal, però, tutto sembrava ruotare intorno alla figura di Frederic Vasseur, questa volta, invece, intorno a quella di Charles Leclerc. Al termine della gara, chiusa in sesta posizione, il monegasco ha sbottato dopo l’ennesima debacle, costretto a lottare per tutto il gran premio con la gestione dei problemi di una SF-25 lontanissima dagli avversari, mai realmente competitiva.

“La Mercedes ha fatto grandi passi avanti come Red Bull ne aveva fatti qualche gara fa, noi invece no; difficile in queste condizioni essere ottimista e pensare che la situazione possa cambiare negli ultimi GP”, aveva commentato Leclerc a Sky, uno sfogo che, a quanto pare, internamente alla squadra non sembra sia stato accolto nel miglior modo possibile. A riferirlo è Fulvio Solms, collega del Corriere dello Sport che, sempre nello stesso articolo, senza giri di parole aggiunge anche un altro dettaglio inusuale: “Sabato dopo le qualificazioni i toni tra Vasseur e un tecnico apicale si sono inaspriti in una discussione molto tesa: da Maranello trapela che l’interlocutore fosse Matteo Togninalli, capacissimo capo dell’ingegneria di pista”.

Un dettaglio che colpisce perché nel circus il nome dei singoli non trapela mai. Si parla sempre di “uno o più ingegneri”, mentre questa volta il riferimento è specifico: Togninalli è il coordinatore dell’intera attività di pista nei weekend di gara dal punto di vista tecnico e che attualmente guida il gruppo “Race Performance Engineering” a Maranello. Una figura rilevante, non da poco. Difficile credere sia un caso, ma al di là del nome fatto che a Maranello ci sia del caos è sotto gli occhi di tutti. E Leclerc è stato soltanto l’unico, a conti fatti, a dire come stanno davvero le cose: si era partiti con l’ambizione di vincere, si è arrivati a sei gare dal termine della stagione con una vettura diventata la quarta forza del campionato. Parlano i risultati, chiarissimi: McLaren ha vinto dodici gare, Red Bull quattro e Mercedes due. L’unica rimasta a zero è la Ferrari che, se a inizio stagione sembrava essere quantomeno la più equilibrata dopo la McLaren, ora sembra lontanissima e deve guardarsi le spalle più che al secondo posto in classifica costruttori visto che il team Verstappen (in Red Bull i punti li porta soltanto lui) è adesso a 8 punti di distanza. Il secondo posto doveva essere l’obiettivo minimo, eppure anche questo sembrerebbe essere pronto a sfumare.

Risultati difficili da commentare, con una sola verità: a Maranello più che guardare ai piloti si dovrebbero iniziare a cercare le risposte ai mille interrogativi che una stagione come questa porta con sé. C’è bisogno di reagire perché il 2026 è l’ultima chiamata, per il gruppo e per lo stesso Leclerc: un altro fallimento non può essere tollerato ed è difficile pensare che il monegasco, nonostante l’amore infinito verso la Ferrari, decida di rincorrere ancora. Sarebbe l’ennesima volta in una carriera in cui ha dimostrato di avere tutto per vincere, più e più volte, senza mai ottenere nulla in cambio.
Sull’argomento, poi, anche le parole al giornale di Singapore StraitsTimes del suo manager, Nicolas Todt, sembrano essere un avvertimento: “Charles è uno dei migliori talenti della sua generazione, insieme a Max e ad altri. Ma non è più un ragazzino, perché ha già disputato molte stagioni con la Ferrari e penso che abbiamo bisogno di una macchina vincente”. E alla domanda sui presunti interessamenti di altri team il manager “è rimasto a bocca cucita”, come riportato dalla testata. O si reagisce, o questo gruppo è destinato ad esplodere, non sembrano esserci altre possibilità.

