Fabio Di Giannantonio è quinto al traguardo nella Sprint di Assen. E comincia ad essere una costante, questa qui delle rimonte, che solo Marc Marquez era riuscito a portare in pista: parti dietro, muoviti bene, non perdere tempo. Quando si presenta ai microfoni di Sky per l’intervista di fine giornata ha gli occhi che brillano: “Mi sono divertito tantissimo, non mi capitava dai tempi delle minimoto”, dice subito a Sandro Donato Grosso. “Andavo veramente forte ed è un peccato per la partenza, mi è rimasta un po’ agganciata la leva della frizione al guanto. Però mi sono detto che bisognava risalire e l’ho fatto veramente tanto, avevo un gran passo e poi è stato figo, ho fatto un doppio sorpasso, ero forte, riuscivo a tagliare in tutti i punti… bello”.
Di Giannantonio è leggero sulla moto, ha uno stile che potresti definire elegante. Eppure, quando spiega le differenze di stile tra lui e Marco Bezzecchi - che di talento ne ha, eppure di fatica ne sta facendo moltissima - racconta di guidare in modo ‘sbagliato’, oltre che decisamente più fisico “Rispetto alle altre moto giriamo meno, facciamo fatica ed è così da inizio anno: in entrata e centro curva le altre moto hanno fatto lo step e la nostra spinge un po’ di più, per andare forte come loro devi veramente guidare sul filo, sei su una lama. A volte riesce e altre un po’ meno, a volte si esagera… è un po’ la difficoltà che stoiamo avendo quest’anno, però secondo me io e Marc Marquez siamo gli unici che ci stiamo andando un po’ sopra, guidando col fisico”.
Questo a sentire i piloti dipende sia dalle caratteristiche della GP23 che dalle nuove specifiche degli pneumatici, che offrono più aderenza e non sempre aiutando i piloti. Fabio continua a raccontarsi: “Da quando sono piccolo litigo con papà perché non so fare le traiettorie, me lo dice sempre. Io punto tantissimo le curve, quindi faccio le traiettorie al contrario. Con ‘sta moto qui per assurdo devi fare un po’ così, perché la moto spinge tanto e se tendi a ritardare molto le linee - quindi se guidi bene - non sei redditizio: vai largo, la moto non gira, fai più fatica. Guidando male vai molto bene e io… su questa cosa qui ci vado un po’ sopra. Quella è un po’ la cosa che fa la differenza, poi guido molto di forza e sono fortunato ad essere un po’ più grande, la moto la tiro tanto e mi alleno a casa anche per questo”.
È un bel momento ed è bello, appunto, ripetersi. Così Guido Meda mette insieme i fatti, unisce i puntini di un percorso che dice tanto di noi, di come vediamo i piloti e di quello che loro, invece, cercano di raccontarci. Perché oggi Diggia è il pezzo più pregiato del mercato (potrebbe rinnovare con VR46, con cui ha un’opzione in scadenza a Silverstone, oppure passare a Yamaha, con possibilità sia in Pramac che Factory) eppure sei mesi fa era a piedi e l’anno scorso sembrava un turista di questa MotoGP. “Tavano (il manager, ndr) ha il telefono caldissimo!”, dice scherzando Fabio. E poi, rispondendo a Meda: “Non l’ho fatto apposta, però non bisogna mollare mai. E piano piano le cose arrivano”.
In breve? È il tempo, bellezza. quello che con cui chi ha la velocità nel mestiere si dovrà confrontare sempre.