Fabio Di Giannantonio in Qatar ci ha regalato la vittoria dell’anno. Anzi, ha regalato a sé stesso la gara della vita. Sembrava di vedere Alex Rins a Valencia, quando contro tutti i pronostici ha vinto l’ultima gara per la Suzuki. Oppure, più facile ancora, la vittoria di Enea Bastianini proprio a Lusail, anche lui contro ogni aspettativa e con un mezzo che lassù non ci doveva arrivare. Michele Masini, Team Manager per Gresini in MotoGP, un mese fa ci aveva detto che a forza di vedere cose belle e inspiegabili si è convinto che c’è qualcosa di più, qualcosa che non si può spiegare perché semplicemente troppo grande. Chissà come andrà a letto una volta che gli sarà passata la sete. Sta di fatto che per la seconda volta, a festeggiare sul podio del Qatar, c’è Nadia Padovani con la coppa d’oro che fanno lì nel deserto, accompagnata da tre piloti italiani. Su tutti, Diggia. Fabio Di Giannantonio partiva secondo e ha fatto bene ogni cosa, passando Pecco Bagnaia a quattro giri dalla fine dopo averlo studiato per buona parte della gara. Dopo il traguardo si ferma, prende i complimenti da tutti, si lascia andare al pianto. In Giappone aveva detto che un giorno, a suo figlio, potrà dire che suo padre è arrivato in MotoGP: da oggi avrà una storia più bella da raccontare.
“Mancano otto giorni ai test del 2024 e noi non abbiamo ancora una moto”. Dice così Diego Tavano, il manager, in un’intervista a Sky subito dopo la gara. Fabio potrebbe trovare una sistemazione in VR46 - al posto di Luca Marini - o lavorare come tester in attesa di una sella per il 2025, difficile a dirsi. Lui comunque tutta questa storia sembra averla digerita alla grande. Se ne frega il giusto, pensa ad andare forte, a farlo meglio del resto del mondo così che non si possano avere grossi dubbi sulle sue capacità. È quello che dovremmo fare tutti, sempre. Lasciare che le cose succedano, cambino, ci sorprendano. Farci trovare impegnati a dare il meglio. Lui questa vittoria non l’ha presa per rinfacciare niente a nessuno, ha preferito godersi il momento. Tra una settimana quella moto perfetta non ci sarà più e allora è giusto godersela. Tirare fuori il meglio da lì.
Quando Di Giannantonio arriva ai microfoni di Sky non c’è granché da chiedergli: “È pazzesco ragazzi”, dice subito. “Mamma mi che cosa abbiamo fatto. Abbiamo lavorato veramente tanto, all’inizio della stagione lavoravamo e non arrivava niente, porca miseria. È stato difficile, ho avuto un bel gruppo intorno a me e ho creduto nel processo, lavorando sempre a testa bassa. Cavolo, sembra che siamo sul tetto del mondo: è figo”.
Poi c’è il messaggio sul dashboard, quel “Mapping 8” che era stato suggerito a Jorge Lorenzo in Malesia nel 2017, arrivato sulla moto di Diggia a cinque giri dalla fine. Ecco, non abbiamo parlato con i ragazzi del Team Gresini, ma conoscendoli un po’ una spiegazione l’abbiamo trovata: perculiamoli tutti questi che si aspettano il gioco di squadra. Un po’ come l’anno scorso con Enea, facciamo un po’ di casino. Se gli riesce di vincere ne parleranno tutti, sarà divertente. Facciamo che da noi Mapping 8 significa che devi passare, che l’amico (In inglese mate, da lì mappa eight) che devi aiutare sei tu. Niente sconti per nessuno, neanche a caro prezzo. Lì Fabio avrà sorriso a denti stretti pensando che nonostante tutto le cose stavano andando proprio come le aveva pensate.
“È stato un po’ un segnale perché abbiamo fatto un piano precisissimo per tutta la gara”, la spiegazione di Fabio, che col team passerà la serata a riderci su. “Sapevamo cosa fare per tutta la gara e quello era il momento per attaccare e andare via. Sapevamo che avevo un super passo e che potevo stare davanti, ma non per tutta la gara. Se l’avessi fatto avrei finito la gomma. Per tutto il weekend ho avuto problemi sull’anteriore girando da solo, quindi stare dietro a qualcuno aiutava ma allo stesso tempo la temperatura saliva, è stato complicato. Quello è stato il segnale, lì ho capito che era il momento per passare”.
Quando arriva il momento di parlare di mercato lui si limita a una scrollata di spalle: “L’obiettivo è quello di cercare di rimanere in griglia. C’è ancora una piccola possibilità, sembra, ovviamente fuori dalla pista faccio poco, è il mio staff che ci sta lavorando. Sembra che ogni volta ci sia sempre un piccolo intoppo. Però è un po’ surreale, sono un pilota che al suo secondo anno ha fatto una vittoria, un podio, una top five, tante top ten. Mi sento di poter stare qui e di continuare a fare belle cose quindi è un po’ surreale la situazione, però io dalla mia parte posso fare soltanto il massimo e cercare di sistemare tutto con me stesso. In caso dovessi lasciare questo mondo vorrei farlo al top, ma secondo me con questi risultati qualcosa possiamo smuovere. In VR46? Non lo so neanche io ragazzi, qui cambia tutto nel giro di ore. Ogni tanto sei vicino da una parte, poi dall’altra, poi ti si chiude la porta, ti si apre il portone, ti si chiude il portone… è veramente complicata”.
Comunque vada, oggi Fabio ha scritto un pezzo di storia del Motorsport: è stato il migliore al mondo per una notte. E rimarrà così con o senza moto, anche se il talento una strada la trova sempre.