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Forse non ve ne siete accorti, ma Alex Rins ha avuto lo stesso guaio di Fabio Quartararo. Ma è solo un (altro) segno della svolta Yamaha

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

28 maggio 2025

Forse non ve ne siete accorti, ma Alex Rins ha avuto lo stesso guaio di Fabio Quartararo. Ma è solo un (altro) segno della svolta Yamaha
"Anche l'abbassatore della mia M1 è rimasto giù alla Curva15 e non c'è stato verso di sbloccarlo". Alex Rins l'ha raccontato dopo "la domenica sull'ottovolante" (come l'ha definita Paolo Pavesio) della Yamaha, spiegando, però, di essere stato "più fortunato di Fabio: a me mancavano poche curve, ma ho comunque perso posizioni". Tutti arrabbiati? Neanche per sogno, sono solo i rischi di "farlo all'italiana"...

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

Alex Rins a Silverstone ha avuto lo stesso problema che è costato la gara (e una più che probabile vittoria) a Fabio Quartararo: abbassatore bloccato e M1 inguidabile. Morale? Se lo fai all’italiana rischi, magari ti arrabbi di brutto, ma non smetti di sperare. E, tutto sommano, neanche di sorridere. La parabola della Yamaha al BritishGP 2025 è racchiusa in questa amara ironia: due piloti, due guasti identici, due destini divergenti (anche per quanto riguarda il futuro, viste le voci di mercato), ma uniti da identiche certezze. E speranze. Mentre Fabio Quartararo sfiorava la vittoria prima del cedimento dell’abbassatore alla curva 15, Álex Rins combatteva una battaglia invisibile contro lo stesso diavolaccio meccanico, finendo fuori dai punti. Eppure, nel box del costruttore giapponese, non volano piatti e accuse incrociate, ma idee.

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“Dobbiamo capire perché – ha detto Rins nella sala stampa di Silverstone, con l’aria di uno che sì, se l’è appena vista brutta, ma comincia pure a sentire l’odore buono di un futuro meno complicato – sicuramente è un tipo di guasto anche pericoloso e non deve ripetersi, però a preoccuparmi, semmai, è più un altro aspetto che riguarda le gomme, il non riuscire a scaldare e come le consumiamo”. Nel nuovo modo di lavorare “più italiano” (come lo definiscono) di Yamaha c’è anche questo: rischiare un po’ di più, provare cose direttamente in gara senza troppe prove, studi e controprove e affidarsi in qualche modo ai riscontri degli eventi. “Jack Miller e Fabio Quartararo – aggiunge Rins - con la stessa moto sono stati velocissimi all’inizio. Io no. Non so se sia questione di temperatura o di pressione, ma nella seconda partenza ho perso posizioni per evitare di finire addosso a Bagnaia e per una uscita alla Curva9. Nell’ultimo giro, dopo aver superato Brad Binder e Raúl Fernández, l’abbassatore si è rotto. Esattamente come a Fabio, solo che a me mancavano poche curve e ho potuto comunque passare sotto la bandiera a scacchi. Nella Curva 15 ho sentito la moto strana, ho provato a recuperare alla 16, ma niente. Guidare con quel guasto è impossibile perché non sai se perdi olio e alcune parti delle carene cominciano a toccare sia a terra che altre componenti. Per fortuna a me è successo alle ultime curve, ma ho comunque perso due posizioni”.

Rins Quarta

Nel raccontarlo, Alex Rins, proprio come Quartararo, ha la faccia di un pilota che è consapevole di avere tra le mani una moto vulnerabile e sicuramente da sistemare, ma che comunque non è neanche lontana parente di quella che fino a pochi mesi fa sembrava destinata a rimediare solo figuracce. “Con Fabio abbiamo vissuto un ottovolante emotivo – ha commentato Paolo Pavesio, direttore generale di Yamaha Motor Racing - La sua terza pole position consecutiva dimostra che lui e la M1, sul giro secco, sono il duo più veloce del paddock. Quel piccolo componente ci ha negato un risultato storico, ma torniamo più motivati. La vittoria è sempre più vicina e contiamo di mettere anche Alex e gli altri nostri piloti nelle condizioni di crescere ancora. Non dimentichiamo che a Silverstone, per la prima volta dopo tanti anni, c’erano tre Yamaha nelle prime dieci posizioni in griglia di partenza. Álex – ha aggiunto Pavesio dopo Silverstone - sta ritrovando fiducia nella moto. I suoi tempi in gara, soprattutto nella seconda metà, confermano i progressi. Siamo sempre migliorati, soprattutto da metà corsa. Dobbiamo capire come replicare la fase di migliori performance della M1 sin dal via. Ci siamo quasi e dobbiamo sololavorare, non dimentichiamo che questa volta è stato un dettaglio a cambiare la storia. C’è da essere orgogliosi del lavoro fatto fino a qui”.

Un lavoro che è cambiato nella sostanza, con l’arrivo di tecnici italiani e, soprattutto, di un modo di affrontare il motorsport molto meno calcolatore e molto meno in linea con il metodo giapponese. Un modo che sicuramente può portare a qualche rischio in più e pure alla rabbia di un momento per qualcosa che non funziona come dovrebbe, ma che al momento sembra l’unico capace di pagare davvero in questa MotoGP in cui l’innovazione è più veloce delle moto stesse e i colpi di genio contano più dei calcoli strutturati. Nonostante tutti i richi che inevitabilmente si corrono quando non c'è abbastanza tempo per studiare e ponderare ogni dettaglio.

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