Aveva fatto la storia del Porto. Con la fascia da capitano al braccio, era diventato simbolo, anima e colonna di una delle squadre più leggendarie del calcio europeo. Jorge Costa è morto a 53 anni per un arresto cardiaco: il centro sportivo di Olival, dove si allenano i Dragoes, il club a cui aveva legato ogni parte si sé, prima da calciatore, poi da dirigente. Un malore improvviso, fulminante, arrivato a poche ore da un’intervista rilasciata a Sport Tv e pochi mesi dopo essere stato nominato direttore sportivo del club. Con lui se ne va una parte dell’identità del Porto. E un pezzo di cuore di José Mourinho. Lunedì 5 agosto, intorno all’ora di pranzo, Costa si trovava al centro sportivo del Porto, come sempre. Dopo l’intervista, si è accasciato al suolo davanti ai presenti. I soccorsi sono stati immediati, il defibrillatore utilizzato sul posto, poi la corsa disperata all’ospedale Sao Joao. Ma le sue condizioni sono apparse subito critiche. Ricoverato in terapia intensiva, è morto nel pomeriggio. Il calcio portoghese è sotto shock. Perché Jorge Costa era molto più di un ex difensore. Era O Bicho, “l’animale”, soprannome che raccontava tutto: forza fisica, leadership, senso del sacrificio. Aveva cominciato a vestire la maglia del Porto nelle giovanili, per poi costruire un palmarès clamoroso: 8 campionati portoghesi, 5 coppe nazionali, 8 supercoppe, una Coppa Uefa, una Champions League nel 2004, una Coppa Intercontinentale nello stesso anno. Sempre da capitano. Sempre al centro del campo e dello spogliatoio.

Proprio quella Champions vinta a Gelsenkirchen nel 2004 è diventata il punto più alto della sua carriera. In panchina, José Mourinho. In campo, lui, Jorge Costa. A portare quella coppa tra le mani. Un’immagine incancellabile per ogni tifoso del Porto e non solo. E oggi Mourinho è devastato. Lo ha detto in conferenza stampa alla vigilia del preliminare di Champions del suo Fenerbahçe contro il Feyenoord. Nonostante la tragedia, si è presentato davanti ai giornalisti. E ha pianto: “Lui fa parte della mia storia. Ci sono capitani e ci sono leader. Jorge era uno di quelli che portava fuori la spazzatura e lasciava all’allenatore fare il suo lavoro da allenatore, non da leader dello spogliatoio. Avere un capitano così è perfetto per un tecnico. Oggi sono molto triste. Dimentichiamo il calcio e concentriamoci su di lui. Su un ragazzo d’oro, e sui suoi figli, che ho conosciuto quando erano bambini e ora sono uomini”. Poi ha aggiunto: “Sono molto triste, ma sono qui perché se fosse con me mi direbbe ‘dai, fai la tua conferenza stampa’ e domani ‘gioca la partita e vinci, dimenticati di me’. Questo era Jorge. E questo cercherò di fare. Farò il mio lavoro. E poi dopo piangerò. Così come vorrebbe Jorge”.

Il suo legame con Mourinho era totale. Un rapporto costruito su vittorie storiche, su una fiducia che andava oltre. Jorge Costa era il generale in campo dello Special One. Il suo terminale tecnico ed emotivo. Nel 2022 aveva già avuto un infarto, ma ne era uscito. Nel 2024 era diventato direttore sportivo del Porto e aveva scelto di puntare sull’italiano Francesco Farioli come allenatore. Farioli era stato il nome nuovo, giovane, internazionale: la firma era stata sua, di Costa. Voleva aprire un nuovo ciclo. Lo ha fatto con la stessa mentalità che aveva mostrato in campo. E anche i rivali, oggi, piangono. Il Benfica esprime “profondo rammarico per la scomparsa di Jorge Costa e porge le sue più sentite condoglianze alla sua famiglia e all’Fc Porto. Jorge Costa è stato una figura essenziale nel calcio e nello sport nazionale, prima come giocatore, poi come allenatore e, più recentemente, come dirigente. Il calcio portoghese è più povero. Che Jorge Costa riposi in pace e che la sua memoria ispiri le generazioni future”. E anche Cristiano Ronaldo si è unito al cordoglio: “Arrivederci, Jorge Costa”. Si è unito al classe 1971, a colui che ha dedicato la sua intera carriera al calcio portoghese. Solo una breve parentesi in prestito al Charlton Athletic nel 2001-2002, poi il ritorno al Porto e il finale da leggenda. Se n’è andato nel luogo dove era diventato un simbolo un capitano vero, che ha fatto piangere Mourinho, forse è questa la sua ultima impresa.