Ci sono uomini che, spinti dall’inesauribile impulso a cercare un buco diverso in cui perdersi (tanto più se la tana è nuova, lussuosa e promettente), rinunciano a ciò che poi scoprono (o si illudono) essere quello che li rendeva felici. E poi passano gli anni a dire che no, ecco, magari, se avessero parlato di più, se avessero chiesto, se avessero aspettato. Roberto Mancini ha deciso di rivelarsi pubblicamente come il numero uno assoluto di questi uomini. Come? Leggete dichiarazioni come questa del Mancio a La Gazzetta dello Sport: “È vero che non sentivo più la fiducia di prima, ma dovevo parlarne con il presidente: potevo farlo, questa è la mia colpa. Oggi, chissà, saremmo ancora insieme”. Sostituite “presidente” con “moglie” ed ecco servita la sceneggiatura di milioni di matrimoni e altrettante separazioni seguite da messaggi WhatsApp alle 3 di notte con scritto “penso ancora a te, ho fatto una cazzata”. Il problema è che – quando molli tua moglie per un’avvenente nuova arrivata mediorientale e poi scopri che i suoi falafel sono surgelati e il sesso funziona solo con la carta di credito e magari dopo aver chiesto il permesso a suo padre e a suo fratello – nella vita vera quella che ti risponde al telefono non è più la tua ex, ma sua sorella, che ti dice “inculati”.
Roberto Mancini, invece, non smette di sperare. Come ogni maschio che, dopo aver lasciato una donna rassicurante per una storia esotica e tossica consumata nei migliori hotel dell’Arabia Saudita, scopre che la felicità non te la porta il cammello, nonostante arrivi con sacche cariche di bonifici da sceicco: “Perché per un allenatore non c’è cosa più bella che guidare la Nazionale”, dice, e poi, con la commozione di chi ha appena riscoperto il piacere della polenta, aggiunge: “Si tornerebbe sempre dove si è stati felici”.

Mancini (a parte i molti milioni in più che si ritrova sul conto dopo questa fuga tutt’altro che romantica) parla come quel tipo di ex che si presenta sotto casa con il maglione che lei gli aveva regalato a Natale, pensando che l’odore di naftalina basti a cancellare il ricordo della telefonata in cui le disse “non sei tu, sono io, è meglio così per entrambi” (la famigerata “scelta personale” dell’ex ct). Perché a Coverciano, dice, “stavo da dio, con tutti”. Come se non fosse stato lui a lasciare, con la cortesia e l'intimità di un comunicato stampa. Come se non avesse detto sì all’Arabia, poi basta Arabia, poi “era un’opportunità”, poi “ho sbagliato”. Mancini è l’uomo che vuole tutto: il presidente che lo capisca, i tifosi che lo perdonino, il calcio di una volta, il Mondiale riparatore (ma prima al Mondiale ci si deve qualificare, Robe’).
“Che ho sbagliato scelta, che non lo rifarei, l’ho detto mesi fa, non negli ultimi giorni. In tempi non sospetti”, ci tiene a precisare, ora che nessuno vuole più fare il ct dell’Italia eppure non richiamano lui. L’Italia, nella sua narrazione, non è una squadra: è una casa sull’Appennino con la luce calda, il profumo di legna e il ragù pronto sul fuoco, mentre nella sua scappatella c'erano solo sabbia e partite contro selezioni tipo Oman giocate davanti a gente che non aveva mai visto un incontro di pallone eppure lo insultava perché la sua formazione faceva cagare. Non manca la nostalgia canaglia anche per la prole: “Con i miei ex giocatori ci scriviamo ancora. Con loro c’è un rapporto importante, che resterà tale per sempre”. Come con i figli visti ogni due weekend.

La verità, però, è che chi lascia una Nazionale non torna. O, se torna, non è mai lo stesso. L’Europeo vinto (ai rigori) a Wembley è il sesso d’addio che ricordi per tutta la vita, ma che non puoi rifare senza che vengano fuori tutta la fatica, tutta la delusione, tutto il fiatone (se va bene. Se va male, una denuncia per stalking o per molestie). “Mi piacerebbe vincere un Mondiale”, insiste lui (forse convinto di essere in lizza per la panchina della Spagna), come se fosse possibile resuscitare un’erezione storica dopo la figuraccia con la Macedonia del Nord (del Nord, attenzione) e la scelta del tradimento con pronti ad attenderlo i frigidi forzieri di dobloni arabi. Ma tra il dire e il ritornare ci sono gli italiani, quel popolo che se ti ama ti mette sull’altare e se lo deludi ti ci lascia, soprattutto se dopo che deludi ti trasferisci dagli sceicchi nel volgere dell’acquisto di un biglietto aereo e di una firma. Perché, come dicevano le nonne (anche se non proprio così), chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia, ma non sa che quel che trova è una roba desertica, afosa e pure noiosa.
Torna, Roberto, tutto è perdonato. Ah, no. No, Mancio. A volte bisogna anche sapersi tenere la moglie chiattona e rompicoglioni, che almeno sa dove sono i calzini e come si fa il risotto (e, talvolta, anche il chinotto).