“La gestione dell’affaire Spalletti è l’ennesimo orrore del calcio italiano, che fa acqua da tutte le parti e, nonostante le continue scoppole, non riesce nemmeno a fingere un accenno di autocritica. Spalletti ha guidato ieri la Nazionale per l’ultima volta, ma aveva annunciato già domenica di essere stato sollevato dall’incarico (e anche il fatto che sia stato lui e non la Federazione a dare la notizia dell’esonero, accentua la portata del disastro). Le motivazioni di questo Armageddon sono molteplici”, esordisce Andrea Scanzi nel suo editoriale sul Fatto Quotidiano in cui si concentra sulla debacle della Nazionale Italiana. Il punto (come abbiamo scritto qui) è che oggi quella panchina è più un onere che un onore, perché si rischia di essere marchiati come coloro che non hanno portato per l’ennesima volta l’Italia al Mondiale. A sottolineare le doti di Spalletti è Scanzi, che ricorda come Luciano sia “un ottimo allenatore e una persona di rara intelligenza (e coraggio) nel mondo del calcio. Sembrava avere tutto per fare bene in Nazionale, ma così non è stato”.

E allora cosa c’è che non è andato? “Il motivo principale è che la sua maniera di allenare, evidentemente, mal si adatta a fare il Ct, che come noto non ha sempre i giocatori sotto controllo e deve quindi accontentarsi di sparuti momenti all’interno di una stagione satura di impegni. Spalletti ha innegabilmente fallito da selezionatore e gestore della Nazionale, ma resta un ottimo allenatore”. Poi il tema del carattere: “Spalletti paga anche la sua unicità caratteriale. È un uomo istintivo e divisivo, dal carattere lunare e fumantino, capace di slanci straordinari come pure di sbroccate epiche. Non ha paracadute, non ha airbag, non ha fingimenti. E purtroppo in Nazionale non ha girato per il verso giusto nulla, per colpe sue e non solo sue. In questo senso, la sua commozione finale nella conferenza stampa di domenica è l’epilogo “perfetto” per un uomo che non ha mai avuto paura di esprimere appieno sé stesso. Lacrime comprese”. Poi sottolinea un tema più che mai centrale, non solo nel calcio: un giorno sei amato da tutti e il giorno successivo viene ritenuto uno dei peggiori allenatori sulla piazza. È esattamente quello che è successo a Luciano, che tutti volevano avere sulla propria panchina sia quando allenava la Roma, ma soprattutto dopo lo scudetto riportato A Napoli. Come sottolinea lo stesso Scanzi “dopo lo scudetto col Napoli Luciano era un semidio, tutti se lo contendevano e tutti lo celebravano. Ora viene trattato come un mezzo brocco”.

Il punto è che fermarsi in modo superficiale sulla figura di Spalletti non ha senso, e soprattutto non ci dà l’opportunità di mettere a fuoco come stanno le cose. Dove sono i problemi. Quali gli innesti da fare. Secondo il giornalista “la crisi è globale e radicata. Parte dai giovani, che da noi non hanno spazio (mentre Psg e Barcellona ne sono pieni). E da una scuola calcio che insegna ai bambini prima la tattica e poi la tecnica, di fatto trasformandoli anzitempo in robottini allenatissimi ma privi di fondamentali e fantasia”. Infine la bordata che rivolge ai vertici del sistema: “I responsabili principali di questo sfacelo sono i dinosauri. Gli inamovibili. I mammut. Gente come Gravina e tanti (troppi) come lui. Condoglianze a chi arriverà adesso, sia esso Ranieri, Pioli o (per l’amor di Dio no!) Mancini: dovranno davvero inventarsi un miracolo”.