Non solo rivalità, in Formula 1, o almeno non con tutti. Sembra essere questo il nuovo approccio di Lewis Hamilton, ormai arrivato a 38 anni, in vista della prossima stagione del proseguo della propria carriera. Il sette volte campione del mondo ha detto di volersi “avvicinare” ai piloti più giovani, con l’auspicio di avere su di essi un influsso positivo (e non sono in pista): “Mi sento davvero un pilota anziano – ha detto Lewis nel podcast On Purpose with Jay Shetty – e sto cercando di tendere la mano ai giovani, perché sono loro il futuro. Sono entusiasta di vedere alcuni di loro che si stanno affermando, perché hanno tanto, tanto talento. Non so se hanno la migliore struttura intorno a loro, come io non avevo necessariamente la struttura definitiva che forse ho ora, quindi cerco solo di essere una sorta di faro per loro”.
Hamilton ha parlato anche di razzismo: “Nessuno [degli altri piloti] è nero e nessuno di loro ha necessariamente affrontato ciò che ho vissuto io, ma hanno fronteggiato le loro sfide, e penso che si tratti di rispettare questo aspetto in ognuno di noi. Ho cercato di trovare degli alleati e ho avuto conversazioni difficili con qualcuno, ma sono molto grato verso un paio di loro che si sono inginocchiati con me nel 2020”.
Secondo il pilota della Mercedes, lui e gli altri piloti hanno “molte più cose in comune di quanto si possa immaginare, ma siamo molto competitivi, e molti di noi si difendono a modo proprio. Si vuole battere l’avversario: può piacere la persona fuori dall’auto, ma non lo si può far capire. C’è quindi un’intera battaglia psicologica con te stesso – le parole di Hamilton – che spesso ti ostacola”.