Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo di Formula 1, ha rilasciato una toccante intervista all’autore inglese Jay Shetty nel suo podcast On Purpose. Una chiacchierata in cui sono stati toccati diversi aspetti della vita dell’alfiere della Mercedes, sia riguardanti il mondo dello sport che non, dove ha affrontato senza alcuna remora il delicato tema del razzismo. Hamilton ha sempre voluto diffondere messaggi di rispetto, uguaglianza e accettazione delle diversità, anche sposando la causa del Black Lives Matter, esplosa negli Stati Uniti nel 2020. Il pilota ha rivelato alcuni episodi di discriminazione e bullismo che lo hanno visto protagonista, purtroppo nel ruolo di vittima, durante gli anni della scuola alla John Henry Newman School: “Venivo bullizzato già a sei anni, e credo che all’epoca, in questa scuola, io fossi probabilmente uno dei tre bambini di colore. Per la maggior parte del tempo i ragazzi più grandi e più forti mi prendevano in giro”.
Non solo, Hamilton ha raccontato che i bulli non erano soliti limitarsi alle parole: “C’erano continui pugni e poi ti venivano lanciate addosso cose, come le banane, e le persone utilizzavano la parola con la ‘n’ in modo così noncurante. La gente ti chiamava ‘meticcio’ e tu non sapevi davvero come adattarti. Per me quello è stato difficile”. Accuse che non riguardano i soli compagni, ma anche gli insegnanti: “Alcuni di loro mi dicevano ‘non sarai mai niente’, e ricordo che ero dietro un capannone, in lacrime, e pensavo: ‘Non sarò niente’. E di averci creduto per una frazione di secondo“.