Lo chiamano sport. Competizione in cui undici atleti si sfidano su un terreno di erba, correndo dietro a un pallone. C’è chi vince e c’è chi perde. C’è chi piange e c’è chi ride. Ma non è solo così. Perché quel pallone che gonfia la rete, a volte quella che vorresti rimanesse inviolata, sa raccontare storie irripetibili. Tocca lo spazio più profondo delle emozioni, in un dialogo continuo con la nostra vita, riempiendolo di momenti da incorniciare e conservare nel cuore, per sempre.
Il 17 maggio di quest’anno, nel tempio del calcio a Wembley, i tifosi del Cristal Palace hanno mostrato al mondo il contatto più intenso tra il club e la gente che lo supporta. Elevando la passione sportiva ad amore puro.

Gli Eagles stavano scendendo in campo per giocarsi la finale di FA CUP, la massima competizione del calcio inglese, niente meno che contro il Manchester City, la corazzata di Guardiola e dei ricchi sceicchi arabi. Per Il Palace c’era in palio molto di più di una finale nazionale, ma la possibilità di alzare la cielo il primo trofeo della loro storia, iniziata 120 anni fa. Qualcosa di epico, clamoroso. Atteso dai tifosi come il maggiore evento della loro vita.
A Croydon, borgo metropolitano della città di Londra dove ha sede la squadra, si pensa solo a lavorare. Da queste parti ci si diverte poco: ci sono case e industrie. La classica città dormitorio che si è popolata degli operai che la mattina presto vanno a lavorare nelle tante aziende dell’area. Si lavorano i metalli e si producono automobili. Il resto è nebbia. La domenica però si va allo stadio, al Selhurs Park, a tifare Cristal Palace. Una scelta di appartenenza importante, che si tramanda di padre in figlio.
Come Mark Wealleans aveva insegnato ai figli Nathan e Dominic: il rosso vermiglio e blu si amano incondizionatamente. Il loro video allo stadio nella grande notte in cui il Cristal Palace, nei quarti di finale di Coppa di Lega, sconfisse per 1-0 il Manchester United con gol di Darren Ambrose, diventò virale e fece il giro del mondo. Immagini di gioia immensa e amore che emozionarono non solo gli appassionati di calcio. Mark, qualche anno dopo, purtroppo iniziò una battaglia contro il cancro e, nel 2017, è morto. La loro immagine di gioia però non è mai stata dimenicata. Così, sabato scorso, quando i tifosi hanno srotolato lo striscione, tutti gli spettacoli di Wembley, sono rimasti senza parole vedendo raffigurati i fratelli Nathan e Dominic che festeggiavano con il padre Mark. Quel sogno di bambini impresso nella memoria di tutti. Un commovente omaggio condiviso con grande emotività dai tifosi degli Eagles. Un segno d’amore che si incide indelebilmente alla storia del club, capace, lo stesso giorno, grazie al gol di Eze di buttare giù il Manchester City dei ricchi salire verso la gloria del primo titolo da mettere in bacheca dopo 120 anni.
Questa è la magia del calcio, signori. Non solo lo sport di 22 uomini che corrono dietro a un pallone, ma una passione popolare che rende migliore la vita. Un filo invisibile che lega i vivi ai morti. Un atto d’amore. Come hanno sempre sostenuto i tifosi del Leicester. Gente semplice: minatori in pensione, operai, studenti, famiglie intere che vivono il calcio come una tradizione di quartiere. Il King Power Stadium è casa, non uno spettacolo. Un giorno è accaduto il miracolo: le Foxes, nella stagione 2015/2016, sono diventati campioni di Inghilterra, cambiando per sempre a storia della Premier League. E, in mezzo ad abbracci tra sconosciuti, gente ubriaca e bandiere fuori dalle finestre, un anziano che disse: “ho 78 anni, sono cinquant’anni che tifo Leicester. Pensavo di non avere più tempo per vivere un giorno così. Invece oggi ho capito cos’è il Paradiso”.
Chissà se anche Mark Wealleans, da lassù, si è goduto lo spettacolo del suo Crystal Palace.
