Andrea Iannone è stato sfortunato. Ha sbagliato (chissà come e chissà perché) ma, come cantava qualcuno, “non c’è cosa peggiore del talento sprecato”, ed è questo il pensiero più comune in seguito alla sentenza emessa dalla WADA, che ha condannato l’abruzzese a quattro anni di squalifica. Perché Andrea, come afferma tutt’ora chiunque abbia avuto l’occasione di lavorarci assieme, è uno dei piloti più talentuosi della storia recente, e saperlo fuori dalle competizioni è un peccato. Così come è un peccato che manchi Marc Marquez, a prescindere dal tifo.
Dopo la recente assoluzione di Alex Schwazer dalle accuse di doping, per le quali il Gip di Bolzano ha sollecitato nuove indagini per falso ideologico, frode processuale e diffamazione, Andrea Iannone ha colto l’occasione per commentare la notizia: “Questo sistema va fermato assolutamente per il bene degli atleti che, da una vita, si sacrificano e fanno sforzi psicofisici senza essere dopati -ha detto su Instagram - oggi la mafia è più importante dello sport, e questo sistema va fermato perché fa veramente schifo”.
Uno sfogo contro il sistema e la sua burocrazia, le norme assurde di un organo troppo lontano dal mondo agonistico e la sfortuna. Ma quando Andrea Iannone parla di “mafia”, esattamente a cosa si riferisce? O, verrebbe da chiedersi, a chi si riferisce? Perché la WADA ha depositato i fascicoli dell’intero processo nero su bianco, e l’unico colpevole (in buona o cattiva fede) è Andrea, che ha impostato la difesa sulla contaminazione alimentare non è stato in grado di provarla. La risposta quindi parrebbe una: Iannone parla ai populisti, ai complottisti e più in generale ad un’ampia categoria di persone che travalicano gli atti giuridici per affrontare le questioni di pancia. Ma la verità è che Andrea Iannone non è un altro Marco Pantani né tantomeno il nuovo Alex Schwazer, e chi ne è ancora convinto dovrebbe semplicemente informarsi. In molti lo hanno fatto, qui sulle pagine di MOW come altrove. Ecco, quindi, le parole di Jack Miller, Marco Melandri, Carlo Pernat, Zoran Filicic e l’avvocato del diritto sportivo Michele Spadini.
Jack Miller
“Nella mia fattoria – ha detto il futuro pilota della Desmosedici del team ufficiale Ducati – abbiamo a che fare anche con i bovini. Non utilizziamo prodotti strani e, anzi, evitiamo rigorosamente il ricorso agli steroidi, ma anche se facessimo questo tipo di cose ho seri dubbi che la quantità di carne di una sola bistecca possa far risultare positivo al drostanolone chi l’ha mangiata”. “Andrea Iannone – ha invece detto Jack Miller - ha preso quattro anni e non c’è molto da dire.
Per ricevere una pena così devono esserci state prove molto solide. Sono le regole, mi spiace per lui che si sia trovato dalla parte sbagliata. Se mi chiedete se credo che la sostanza possa arrivare dalla carne, io dico di no. Queste sono le regole e queste sono le nostre vite. È davvero un peccato per lui perché è un pilota di straordinario talento e gli auguro tutto il meglio, ma sappiamo tutti cosa possiamo e non possiamo fare”. Miller, poi, entra nel merito delle sue affermazioni e spiega quali sono i confini dentro cui i piloti devono muoversi per evitare non solo comportamenti sbagliati, ma anche incidenti di percorso non voluti.
“Noi piloti – ha concluso l’australiano - riceviamo un libro che ci dice cosa possiamo e non possiamo fare, sono stato nella lista di controllo WADA e da quando sono arrivato in MotoGP sono stato testato una o due volte all'anno. Quest'anno più di ogni altro, per ottenere le nostre licenze abbiamo dovuto sederci e fare un corso di tre ore e mezza con la WADA, e tutti abbiamo potuto leggere i diversi modi per evitare di finire in situazioni sconvenienti. Il materiale è lì, sappiamo cosa possiamo prendere. Per quanto mi riguarda, sono paranoico riguardo alle proteine e agli integratori perché la contaminazione è sempre dietro l’angolo e sono molto attento a tutto. Un piccolo errore può costare molto, ma esistono delle regole da rispettare per stare in questo mondo”.
Marco Melandri
"I fatti dicono questo: era positivo. Mai visti 4 anni di squalifica, sono sempre stati 2 negli altri sport. Contaminazione alimentare era l’unica difesa possibile. Il regolamento anti doping dice che l’atleta è sempre e comunque responsabile di quello che viene trovato nelle sue analisi".
Carlo Pernat
“Guarda, io ho voluto bene ad Andrea, l’ho preso dalla Moto2 e ho cercato di fargli fare una buona carriera, ma lui prendeva a volte delle decisioni che io non condividevo, prima con Ducati - io l’avrei fatto rimanere lì- e poi anche più avanti. Ci siamo separati l’anno scorso, perché avevamo idee abbastanza diverse anche a livello di comunicazione. Devo dire che secondo me questa vicenda del doping è stata gestita malissimo. Ti dico la mia: è chiaro che Andrea non ha fatto nulla di grave, ma se l’è gestita male. Tu sai che la WADA - che squalifica qualsiasi atleta, addirittura l’intera Russia per le Olimpiadi, quindi stiamo parlando di un colosso- ha un protocollo molto rigido. Quando c’è un’intossicazione alimentare ti danno subito quattro anni, e dico subito. Quando la FIM ha intercesso con l’Agenzia Anti-Doping e ha portato la condanna a 18 mesi (secondo me è andata così, anche perché la WADA aveva capito che quattro anni erano troppi) lui avrebbe dovuto accettare. Certo, io posso dirlo col senno di poi, ma se hai già perso un anno puoi permetterti di aspettare un paio di gare e chiuderla lì. Il fatto di non aver accettato i 18 mesi ha fatto imbestialire la WADA, che non dico si fosse messa d’accordo con la FIM, però magari aveva chiuso un occhio. Il protocollo alla fine è di quattro anni e così è andata. Poi è difficile dimostrare dove e cosa si è andati a mangiare con fatture e altre cose. La difesa fatta in quel modo non è vincente”.
Zoran Filicic
“Abbiamo letto tanto e non ho mai voluto entrare nella polemica, io da giornalista mi devo attenere strettamente alla presunzione d’innocenza. Mi spiego: una cosa che non fa il pubblico (così come non lo fanno i media) è attenersi alla presunzione d’innocenza finché non viene dimostrato il contrario. Sei accusato di qualcosa, ma finché non ti condannano sei innocente. Io ho fatto così, anche se ormai non succede più. Poi Andrea è stato condannato. E a quel punto, è la presunzione di colpevolezza a cui bisogna attenersi fino a prova contraria. A quel punto, Iannone si è appellato al Tribunale di Losanna e la sentenza non solo è stata confermata, ma addirittura inasprita. Il motivo è semplicissimo, non ha dimostrato nulla. Purtroppo in Tribunale non puoi raccontare la favola dei poteri forti, dei complotti o della sfiga. Chi è condannato deve dimostrare di non aver commesso il fatto, portare delle prove, non semplicemente andare a dire che ce l’hanno tutti con lui. A mio modo di vedere c’è stata troppa presunzione, una leggerezza incredibile. Poi per carità, sul lato umano è un altro discorso, ma sono solo opinioni. Se guardiamo i fatti, facciamo giornalismo e ci atteniamo alla legge… è stato un disastro su tutta la linea”.
Avv. Michele Spadini
“Schwazer ha sempre sostenuto di essere stato vittima di una manipolazione; Iannone, per tutto quanto detto in precedenza, ha sostenuto invece di aver ingerito carne contaminata nel periodo precedente al Gran Premio e pertanto di aver tenuto una condotta quantomeno non intenzionale e non colpevole ma, secondo il giudizio del Panel del Tas, non è stato in grado di dimostrare nessuna delle circostanze invocate (né il tipo di carne ingerita né la sua origine né che vi fosse effettivamente in Malesia all’epoca un problema di contaminazione di carne animale)”.
A raccopntare la situazione meglio di chiunque altro però ci ha pensato il canale YouTube The Talking Helmet, che ha analizzato la sentenza per poi raccontarla in un lungo video diviso in due puntate. In calce all'articolo invece, tra le correlate, trovate tutti gli interventi da cui sono state tratte le dichiarazioni qui riportate.