“Sì, sono uscito dal Milan”. A comunicare l’esonero di Paulo Fonseca è il medesimo Fonseca, mentre a notte fonda esce in auto dalla pancia di San Siro e incrocia le telecamere, dopo il pareggio con la Roma. Epilogo surreale di una storia nata male e finita peggio. “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”, diceva quel tale. E dal patron Gerry Cardinale al plenipotenziario Zlatan Ibrahimović di coraggio se n’è visto poco. Anzi, nulla. Se è vero che, ancora prima di scendere in campo, circolavano “veline” sul licenziamento del tecnico, che solerti giornalisti televisivi ribattezzavano “rumors”, manco fossimo al Grande Fratello.
Triste, solitario y final. Ecco l’immagine dell’allenatore portoghese in sala stampa, lasciato solo a difendere quello che ormai era indifendibile. Ottavo in classifica, la vetta lontana 14 punti e la zona Champions a 8 (con una partita da recuperare). Un’idea di gioco che non è mai decollata. E, soprattutto, il rapporto ormai compromesso con i mammasantissima dello spogliatoio. A partire dai tre “capitani”: Davide Calabria, Theo Hernandez e Rafa Leao. Non sono bastati le imprese nel derby e a Madrid, gli ottavi a portata di mano nell’Europa che conta. A metà campionato e alla vigilia della sfida nella Supercoppa “italo-saudita”, il Grande Milan cambia la guida tecnica come una provinciale qualsiasi. Una decisione che lascia perplessi. Perché non cacciarlo dopo lo scialbo pareggio con il Genoa e fargli mangiare il panettone dopo la striminzita vittoria a Verona? A giugno la tifoseria aveva bocciato la scelta dello spagnolo Julian Lopetegui (avessi detto Carlo Ancelotti) in panchina. Ora l’ala più dura del tifo ribolle di rabbia e si schiera con Paulo: “Vergogna, società inesistente”, si legge sui social nei commenti più soft.
Non si butta all’aria un progetto dopo appena sei mesi. Difficile che il mercato di riparazione corregga gli errori (Emerson Royal, per dirne uno). Ma i dirigenti non si toccano e i giocatori non si licenziano. Resta l’allenatore, che paga per tutti. Certo, non è una novità. Lecito aspettarsi un cambio di passo, anche culturale.
Dopo l’ennesimo casting (bocciati anche Maurizio Sarri e Massimiliano Allegri), alla guida dei rossoneri arriva Sergio Conceiçao, lusitano come Fonseca. Un passato “italiano” da giocatore con Lazio, Parma e Inter. Fermo dalla scorsa estate, dopo i tre scudetti vinti in sette stagioni con il Porto. Alla sua prima uscita, venerdì 3 gennaio a Riyad, gli toccherà affrontare la Juve del figlio Francisco. Storie di un calcio nevrotico e disordinato.