Quando l'infortunato Fabio Di Giannantonio ha dovuto “arrendersi” alla necessità di finire in sala operatoria, Michele Pirro s’è ritrovato in griglia al GP della Solidarietà, a Barcellona, per correre l’ultima di una stagione in cui, invece, non avrebbe dovuto correrne nessuna per via del nuovo regolamento che vieta le wildcard a Ducati. "Questa tuta gialla era quella che mancava nella mia collezione – ha raccontato al noto giornalista spagnolo Manuel Pecino, che lo ha intervistato per SpeedWeek - Ero molto entusiasta di rappresentare la squadra di Valentino Rossi quel fine settimana”.
Per Pirro, avere l'opportunità di correre per il team del Dottore, il suo idolo d'infanzia, è stato un sogno che si avverava. "È vero che ho avuto la possibilità di lavorare con tanti grandi piloti, ma secondo me Lorenzo, Marquez e tanti altri non sarebbero così famosi come lo sono adesso se non fosse per Valentino. In Italia e nel mondo la gente veniva in MotoGP grazie a lui" - ha affermato il collaudatore, rendendo omaggio al campione di Tavullia.
Nonostante i risultati non proprio entusiasmanti nelle gare di Barcellona, con un ventunesimo e un ventesimo posto, Pirro non si è perso d'animo, ma non si è nemmeno nascosto: "Sono sicuro di avere ancora molta passione per questo sport, ma è chiaro che con gli anni è diventato sempre più difficile per me perché i giovani stanno diventando sempre più forti e veloci. Ma dal momento che non ho più l'ambizione di essere un pilota della MotoGP, vedo sicuramente le cose in modo diverso”.
Tuttavia, Pirro è ben consapevole del suo ruolo fondamentale all'interno del team Ducati. "Sono andato a Barcellona per aiutare la Ducati a capire dove stiamo andando – ha proseguito - Dato che non abbiamo avuto l'opportunità di correre come wildcard a causa delle regole delle concessioni, non avevo avuto nemmeno l'opportunità di capire in gara la moto 2023 con le nuove gomme Michelin, quindi era importante". Sì, perché se c’è una persona che conosce tutto davvero sulla Desmosedici fin da prima che arrivasse Gigi Dall’Igna, quel qualcuno è proprio Michele Pirro. "Se penso a dove siamo adesso, abbiamo fatto un lavoro incredibile – ha aggiunto, senza nascondere il grande orgoglio che prova - Con questo non intendo gli ultimi due o tre anni, ma quello che abbiamo fatto da dodici anni fa ad oggi. I primi cinque o sei anni sono stati un compito difficile perché, a differenza degli altri costruttori che avevano due o tre collaudatori, io ero solo".
Ma ciò che ha fatto davvero la differenza, secondo Pirro, è stato l’approccio al lavoro. "Ciò che ha fatto la differenza per noi è stato il fatto che sono diventato collaudatore quando avevo 25 anni – dice - volevo correre ed essere veloce. Quindi sono sempre andato ai test con molta energia e, se avessi avuto una wild card, avrei sempre guidato così. Ciò significava che la motocicletta si evolveva sempre molto rapidamente. E a proposito di mentalità, Pirro ha anche sottolineato l'importanza di avere la giusta attitudine per essere un buon collaudatore. "Un collaudatore deve essere consapevole che il lavoro che sta svolgendo non è a proprio vantaggio. Se come collaudatore pensi solo a ciò di cui hai bisogno, non funzionerà" – ha affermato, forse riferendosi in maniera sibillina al breve periodo in cui a affiancarlo, proprio nel ruolo di tester, c’è stato un certo Casey Stoner.
Un campione con cui ha avuto a che fare quando già aveva appeso il casco al chiodo, mentre Michele Pirro ne ha visti letteralmente nascere altri sotto la mano ferma di Borgo Panigale. "Pecco Bagnaia è un talento incredibile, molto concentrato – ha detto a proposito dei due protagonisti indiscussi di questa stagione - Si prepara meticolosamente e dice: 'Va bene, voglio farlo' e lo fa. Le gare che ha perso, probabilmente le ha perse perché non sono andate come aveva previsto. Jorge Martin è una bestia. L'unica cosa che mi dispiace di Martin è che non sarà alla Ducati l'anno prossimo. Vedere due piloti come Pecco e Martin con così tanto talento per me è emozionante".
E a proposito di nuovi talenti, Pirro non ha nascosto il suo desiderio di vedere Pedro Acosta in sella a una Ducati. "Mi piacerebbe vederlo in Ducati”. Una affermazione, questa, che non passa inosservata, soprattutto adesso che, alla luce della gravissima crisi di KTM, si è parlato davvero della possibilità che Pedro Acosta possa finire in sella a una Desmosedici. “Se uno vince due Mondiali in tre anni e fa quello che ha fatto Acosta – ha proseguito Pirro - è normale pensare che continuerà a vincere". Così come a vincere potrà continuare sicuramente un campione che giovane non è più, che ha già dimostrato tutto, ma che scende in pista con l’animo di un ragazzino: Marc Marquez. “Fa ancora cose incredibili – ha svelato Pirro – Ho chiaramente avuto modo di vedere i suoi dati e nelle curve a sinistra senza frenare è impressionante. E’ quasi da non credere la differenza che c’è tra le curve a sinistra e quelle a destra”.
Piccoli dettagli che colpiscono e che, numeri a parte, finiscono rielaborati dalla mente di uno che ormai ha l’esperienza del veterano e il senso di appartenenza di un soldato. "Sono il più anziano in Ducati Corse - ha ribadito - sono arrivato prima di Dall'Igna. Ci sono tanti ingegneri che ci hanno lasciato, sono rimasto solo io, io e il vecchio camion. Il problema più grande è trovare qualcuno che prenda il mio lavoro. Non resterò per sempre. Ma è difficile perché devi avere la voglia di avere successo, come l'avevo io quando sono arrivato".