“Impossibile battere la Ducati”, ha detto un Aleix Espargarò decisamente frustrato dopo il GP di Germania al Sachsenring. D’accordo con lui anche Franco Morbidelli, che però fa un ragionamento più sportivo (“Chi vince ha sempre ragione”), mentre Jack Miller ricorda ai colleghi che non sono pagati per lamentarsi della moto che guidano. Sul fatto che la Desmosedici sia la moto da battere, invece, sono tutti d’accordo.
A dirlo sono anche i piloti Ducati, che si trovano d’accordo anche nel posizionare la GP23 qualche gradino più in alto rispetto alla GP22 campione del mondo: “Sulla moto nuova ci sono tante cose che a noi mancano”, ci ha spiegato Luca Marini in un’intervista al Sachsenring. “Infatti anche al Mugello (tolto un Bastianini ancora in recupero, ndr) mi sono arrivati tutti davanti”. Nello specifico le GP23 in griglia sono quattro, quelle del team ufficiale e le due affidate al Team Prima Pramac. Non è un caso se Johann Zarco e Jorge Martín sono sempre saliti sul podio nelle ultime tre gare: cercano la costanza perché è l’unica chiave in un campionato così lungo, hanno la velocità nel polso e il mezzo per esprimerla. Così tutti gli altri, a cominciare da VR46 Racing Team e Gresini Racing a cui è affidata la GP22, si trovano ad inseguire.
Quando gli è stato chiesto in cosa la moto di quest’anno fosse migliore rispetto a quella con cui ha vinto il titolo, Pecco Bagnaia è stato piuttosto chiaro: “È meglio praticamente in tutto. In accelerazione e nel grip, ma specialmente in frenata. L’unico svantaggio rispetto alla GP22 è che questa tende ad impennare di più”, ha spiegato. Va detto che Bagnaia ha anche scelto una carena differente rispetto ai piloti del Team Pramac: la sua premia l’agilità e i cambi di direzione, l’altra - più panciuta, con uno ‘scalino’ sulle fiancate - migliora l’accelerazione a discapito della maneggevolezza.
Quello che continua a passare per una banalità pur non essendola affatto è la superiorità raggiunta da Ducati rispetto agli altri e l’ennesimo salto tecnico da un anno all’altro, cosa che se analizziamo la situazione è una sorta di miracolo ingegneristico: con pneumatici uguali per tutti, centralina unica e un regolamento fermo ormai da anni nonché pensato per livellare le prestazioni, Gigi Dall’Igna e soci hanno portato in pista un mezzo nettamente migliore rispetto alla concorrenza. Ducati non è stata brava solo a fare una moto competitiva, è stata bravissima a farlo in un momento in cui l’organizzatore del campionato ha fatto l’impossibile per avvicinare le moto, rendendole simili tra loro per restituire uno spettacolo più avvincente al pubblico. Come ci sono riusciti? a spiegarlo, ancora una volta, ci ha pensato Pecco Bagnaia: non solo Ducati ha otto moto in pista il più possibile simili fra loro, ha anche un team di ingegneri che alla fine di ogni turno fa il giro delle sette chiese per raccogliere impressioni di guida, lamentele e possibili criticità da ognuno dei piloti. Roba che, a confermarlo è stato Alex Marquez ad inizio stagione, la Honda non ha mai fatto, mantenendo sempre una certa distanza tra la squadra ufficiale ed il team LCR. La verità è che il team satellite non è più soltanto un vivaio per giovani talenti o un modo per creare del business, è una fonte di dati fondamentale per messa a punto e sviluppo. Con weekend sempre più frenetici e un’elettronica raffinata da adattare ad ogni aspetto della moto, avere la possibilità di incrociare i dati è fondamentale: fa risparmiare tempo, che poi è l’unica cosa che manca ai piloti. Oltretutto, da sempre, nel motorsport la regola “vincere aiuta a vincere” vale anche per i costruttori, perché chi è in vantaggio tecnico può permettersi di sperimentare nuove soluzioni e azzardare qualche scelta, mentre chi è costretto a rincorrere spesso e volentieri si ritrova a copiare e, appunto, a rincorrere.
In Ducati c’era una moto vincente, adesso è ancora migliore. Con l’attuale regolamento tecnico in vigore fino al 2027, ci sono buone probabilità che i prossimi quattro titoli mondiali finiscano a Bologna. I primi a potersi mettersi in mezzo probabilmente sono gli austriaci di KTM, che proprio da Borgo Panigale hanno preso ingegneri, tecnici e - lo avevano fatto con Danilo Petrucci in passato e lo fanno ora con Jack Miller - anche piloti. La scalata però sarà lunga e il tappeto rosso lo tengono al sicuro nel box del Team Lenovo.