Quel maledetto ginocchio sinistro. Quando Riccardo Calafiori è scivolato sul prato di San Siro nei minuti finali della gara di andata dei quarti di finale di Uefa Nations League tra l’Italia di Luciano Spalletti la Germania, si è notato subito il movimento incongruo della gamba del difensore dell’Arsenal. Una “torsione innaturale” ha fatto sapere in tarda serata l’equipe medico della Nazionale, alimentando sensazioni negative già evidenti nel dopopartita, quando il ragazzo ha lasciato gli spogliatoi con un passo dolorante e visibilmente turbato, anche se fortunatamente senza stampelle. Sono stati previsti ulteriori accertamenti per chiarire le conseguenze del trauma e capire come intervenire, mentre al momento prevalgono attesa e cautela e le prime voci parlando di uno stop di almeno 2-3 settimane. Per quello stesso ginocchio Calafiori ha rischiato di mettere fine prematuramente alla propria carriera durante un match di Youth League nel lontano 2018, ai tempi della Primavera della Roma, quando subì un bruttissimo infortunio che interessò tutti i legamenti del ginocchio sinistro, dei menischi e della capsula. Tenuto conto di questa fragilità abbiamo chiesto un parere al dottor Leonardo Pasotti, esperto di traumatologia dello sport e direttore del reparto di Ortopedia e Traumatologia dell'ospedale di Camerino, nelle Marche.

Dott. Pasotti, i medici della nazionale hanno parlato di “torsione innaturale”. C’è da preoccuparsi per Calafiori?
Da quanto ho avuto modo di apprendere, pur non conoscendo nel dettaglio la cartella clinica di Calafiori, posso dire che non siamo di fronte alla classica lesione del crociato anteriore, un trauma abbastanza ricorrente nei calciatori. Parlerei piuttosto di una compromissione di più legamenti, che comprende dunque anche il mediale e il laterale. Non è una lesione normale, bensì più complessa.
Calafiori non è nuovo a infortuni di questo tipo, essendo un giocatore che ha fatto dell’esplosività una propria caratteristica. Nel 2018 si infortunò gravemente in Youth League. Quell’episodio può aver influito sulla salute delle sue ginocchia?
Per l’infortunio rimediato sette anni fa si parlò di “carriera finita”. Poi fortunatamente le cure appropriate e la giovane età hanno evitato questo epilogo. Ma c’è il rischio che episodi simili lascino una certa residua lassità articolare, che indebolisce i legamenti e li rende meno resistenti e sensibili ai traumi. Ma anche qui non c’è una regola aurea, ogni atleta può rispondere in modo diverso a seconda dell’instabilità soggettiva che l’infortunio causa.
Cosa si intende per “instabilità soggettiva”?
È la vulnerabilità residua che una lesione, in questo caso ai legamenti, lascia nel fisico di un atleta, rendendolo più incline a ricadute. Dipende appunto da fisico a fisico: alcuni giocatori possono contenere il rischio tramite terapie conservative, quindi senza intervenire chirurgicamente. Per altri, questo non vale.
Nel caso di Calafiori sembra prevalere una certa cautela nelle ultime ore. Come mai secondo lei?
Premetto, parlo sulla base dello storico clinico del ragazzo e senza avere in mano i referti degli esami di ieri sera. Trattandosi dello stesso ginocchio operato nel 2018, siamo di fronte a un’articolazione più lenta. Ma per avere un’idea chiara del decorso serviranno analisi approfondite, anche per capire se basta affidarsi a un trattamento conservativo o se è necessario intervenire chirurgicamente. In quel caso si parla di solito di circa 9 mesi di stop.

