Essere calcioses*uali è possibile? Decisamente sì. Ecco, se avete già sentito questa espressione è perché abbiamo scritto di cosa volesse dire essere interses*uali, ma più estendiamo il concetto e più il piacere si amplia a sua volta per una sorta di legge della proporzionalità diretta. Ovviamente il pene di Riccardo Calafiori ci è stato di ispirazione: vedere un calciatore della tua nazionale, che dopo il fischio finale si accascia a terra e ha un’erezione è l’esemplificazione di quello che vi stiamo per raccontare. Il primo sussulto che abbiamo provato è stato al 4’ minuto sulla prima grande parata di Gigio Donnarumma, che nel secondo tempo ha anche respinto un rigore, per poi prendere gol un minuto dopo per una dormita della difesa. Gigio giustamente si è incazzato, e non poco, perché, va detto, se siamo agli ottavi di questi europei una grande percentuale è merito suo. Come è merito suo se la partita contro la Spagna non è finita in un’imbarcata degna dei migliori temporali estivi e se non abbiamo perso contro l'Albania. Portiere che è stato clamorosamente e inspiegabilmente criticato, ma che adesso noi tutti osanniamo e ringraziamo. L’Italia è così, non ti perdona il successo e, se mai te lo dovesse perdonare, ha comunque la memoria corta. Tornando a vette fisiche e metafisiche, se ve lo state chiedendo, no non le ha toccate solo il buon Riccardo, ma anche noi da casa e nello specifico chi sta scrivendo, beh ne ha toccata più di una.
Situazione: casa, i fedelissimi, pochi cambi di formazione necessari dopo la gara contro gli spagnoli, birra per gli uomini e un calice di bianco per la donna. Incazzatura, sconforto, battibecco con l’amico juventino che voleva Chiesa titolare, e io che avevo scommesso fin dall’inizio, già in tempi non sospetti, su Teo Darmian dentro dal 1’ e sul cambio certo da parte di Spalletti con l’inserimento di Davidino Frattesi. Frattesi che ha preso più botte contro i croati che in tutto il campionato. Poi c’è stato il momento nostalgia con Kovacic, il tatuaggio con la bombetta di Brozovic sul collo e Ivan occhi di ghiaccio Perisic. Nessuno ci credeva più, ma l’Italia almeno stava attaccando, era una sorta di assalto non molto ben riuscito che però ci ha fatto salire la garra charrua degna di un uruguagio. L’adrenalina saliva, il caldo di faceva sentire (e non per via del clima esterno dato che al nord pioveva a dirotto), il corpo non capiva più niente e nel momento più dopaminergico è arrivato il gol del biancoceleste Mattia Zaccagni. Un bagno, di gioia. E lì si è materializzato Alex Del Piero.
No, non era lui, ma quel gol faceva incredibilmente pensare al destro dell’ex Juventus che l’ha messa all’incrocio dei pali nella semifinale contro la Germania dei mondiali del 2006. Sempre la Germania. Germania che ritorna. Questa Germania che, diciamolo, ci sta sul caz*o, ma che è onnipresente nella vita degli italiani. Per gli scaramantici, crediamoci, crediamo in quel segnale. Poi l’urlo di Fabio Caressa, che si stava strozzando, che aveva pensato di smettere dopo i mondiali di “andiamo a Berlino Beppe”, ma che è ancora qui. Telecronache di Fabione con cui mi addormentavo, risentendo in loop tutte le frasi di quei mondiali in cui Marco Materazzi, idolo indiscusso, era capocannoniere. Anni che si sovrappongono davanti ai nostri occhi, che si accompagnano alle voci del campo, le voci più sensuali che si possano sentire: le urla. Quelle urla ricche di testosterone che ti fanno capire che sei nel posto giusto al momento giusto. Che sei dalla parte giusta della storia. La nazionale, gli azzurri, quei colori, ti infondono un senso di appartenenza che va oltre la squadra, che ti fa essere amico, fratello, a prescindere. Compagno no, ma fratello si.
Con Luciano Spalletti che si è meritato questi ottavi, che deve far ricredere tutti gli scettici, che nel post-partita finalmente è tornato poco democratico e si è sfogato pure lui. Perché a noi un Luciano normale non piace, lui non è e non può essere politicamente corretto. Lui è quello del “se noi si gioca come avevamo previsto nel senso che…”, in cui fa una supercazzola incredibile per non rispondere alla domanda trabocchetto del giornalista. È il toscanaccio verace, non alla Allegri, lui è la parte della Toscana che gioca bene a calcio. Noi su MOW abbiamo scritto che “tutto si può dire tranne che la nazionale non rappresenti il Paese: paracu*i che si svegliano solo sull’orlo dell’oblio”: clamorosamente vero. Un po’ come il Pil, all’improvviso e a fatica si è drizzato tutto, ma proprio tutto. E poi c’è chi chiede “ma vedi anche le altre nazionali?”. “No guarda ho solo il cu*o che giochiamo fino al 14 luglio secondo voi spreco l’occasione?”. Sono domande? No. Le fanno? Purtroppo, sì. Ma dopo la rete che cosa è successo? Libidine, abbracci, senso di annebbiamento. Ma abbiamo giocato bene? No. Siamo i più forti? No. E allora che cos’è, al di là della qualificazione, che ci fa essere in un afrodisiaco vortice di sussulti? La follia, l’imprevedibilità, il last second. Fiato corto e sospeso fino all’ultimo. 90 minuti di un normale amplesso, con picchi interessanti dati dai cambi di posizione, che però si concludono con un piacere inspiegabile. Quella rete che si gonfia e il corpo che si sgonfia, si vuota e boh, c’è uno strano senso di pace. Ma dopo la soddisfazione ce ne può essere altra? Sì, Cronache di Spogliatoio: la sigaretta after sex che tutti meritiamo.