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It’s coming home? Di certo la MotoGP, indecisa tra Kazakistan e India, dovrebbe tornare a Donington Park

  • di Tommaso Maresca Tommaso Maresca

14 luglio 2024

It’s coming home? Di certo la MotoGP, indecisa tra Kazakistan e India, dovrebbe tornare a Donington Park
Nella domenica in cui il football potrebbe tornare a casa di chi ne rivendica l’invenzione, nel giorno della finale di Wimbledon, c’è anche la Superbike, che nella regione di Robin Hood ti ricorda quanto sia maestosa, affascinante e completa la pista di Donington Park. Così, mentre India e Kazakistan traballano sul calendario della top class e i tracciati di riserva non ricevono l’omologazione, viene spontaneo domandarsi come mai la MotoGP non possa tornare nelle Midlands Orientali, un salotto buono in cui restano conservati anni di storia e di ricordi indelebili. Mettere da parte denaro e affari per redistribuire divertimento a piloti e appassionati sarebbe un'ottima idea

di Tommaso Maresca Tommaso Maresca

Vedi i fili d’erba, rasati alla perfezione, delle immense vie di fuga di Donington Park e ti vengono in mente i prati di Wimbledon o quello di Wembley. Pensi che Donington, adagiata tra i dolcissimi colli della più fitta campagna inglese – affacciata su una foresta, Sherwood, dove si nasconde il fuorilegge Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri – dovrebbe restare in eterno tappa fissa delle gare motociclistiche.

Donington Park ha mantenuto quell’innata compostezza trascinante e attraente che si attribuisce ai monumenti storici, alle meraviglie del mondo, a tutte quelle cose costruite dall’uomo che si innestano nella natura senza disturbarla, che col passare dei secoli rimangono funzionali, attuali e non hanno bisogno di chissà quale lavoro di ristrutturazione. Le curve di Donington sono ancora quelle del primo dopoguerra eppure oggi, anno del Signore numero 2024, bastano una riasfaltatura una rasata ai prati delle vie di fuga per riportare la pista agli antichi splendori.

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Vedi la Superbike a Donington e ti convinci che quel tracciato saprà sempre offrire belle gare. Non manca nulla: i nomi delle curve profumano di tradizione, di tè delle cinque, di panna sulle fragole. Redgate, Craner, Starkey’s Bridge e McLean’s compongono un primo settore in cui la pista si arrampica delicatamente – senza fretta e senza strattoni – sulla collina. Pieghe da affrontare a quasi duecento orari si susseguono a destra e a sinistra in maniera armonica, districandosi tra contropendenze e una compressione – Old Hairpin – che offre ai più coraggiosi l’opportunità di sorpassare. La sede stradale è piuttosto stretta, ma questo tratto è talmente tecnico che difficilmente vedrete due piloti interpretarlo allo stesso modo. Dopo Coppice sorpassare è sempre possibile e si può solamente scendere, consapevoli che le occasioni per guadagnare terreno in percorrenza finiscono con questo lungo appoggio in cui la spalla destra della gomma inevitabilmente scivola sull’asfalto e sfumacchia romanticamente. Da qui in poi bisogna evitare che l’avantreno galleggi sui dossi dello Starkey’s Straight, dove le marce vanno inserite rapidamente e poi scalate in maniera altrettanto drastica per il Fogarty Esses, un cambio di direzione secco in cui due moto appaiate si scontrano con le leggi della fisica (l’attacco o la difesa vanno architettate prima di lasciare i freni). Infine una coppia di brusche ripartenze da basse velocità precedono un tornantino con banking positivo (Melbourne) e uno con banking negativo (Goddards), dove le traiettorie si incrociano che è una meraviglia prima della bandiera a scacchi.

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Il primo settore di Donington Park

Toprak Razagatlioglu in Gara 1 della SBK ha stranamente vinto senza sorpassi (si è scusato per questo), eppure se le telecamere – invece di concentrarsi sulle bagarre che alle spalle del 54 impazzavano - avessero inquadrato solo lui, in quella che non a caso è la sua pista preferita, non ci saremmo annoiati: il turco era in grado mettere la BMW di traverso ad ogni curva (in parte l’ha fatto), un lusso che solamente la conformazione di Donington gli concede. Così immagini cosa potrebbe accadere se a Donington Park tornasse anche la MotoGP, in quella che per ventitré anni è stata la sua casa (dal 1987 al 2009), un salotto buono in cui restano scolpite le prime vittorie di Valentino Rossi e Andrea Dovizioso in top class, i quattro successi di Kevin Schwantz, gli innumerevoli trionfi italiani in 125cc e 250cc (Gianola, Chili, Perugini, Gresini, Capirossi, Biaggi, Melandri, Pasini), le magie di Ayrton Senna sotto il diluvio nell’unica volta (1993) in cui la Formula 1 si è inoltrata nelle Midlands Orientali per un eccezionale Gran Premio d’Europa.

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La prima vittoria di Valentino Rossi in 500cc - Donington 2000

Ti domandi come potrebbe rapportarsi la MotoGP odierna – con più cavalli, più aerodinamica, più elettronica che mai – ad una pista così vecchio stampo e, allo stesso tempo, tremendamente completa e al passo coi tempi (la SBK lo dimostra). Consideri che se in Spagna si disputano quattro Gran Premi, per l’Inghilterra non ci dovrebbero essere ostacoli qualora ne ospitasse la metà. Oltre a Silverstone – per cui valgono le stesse considerazioni di Donington se non fosse che parte della pista è stata stravolta quindici anni fa e che accanto al nuovo rettilineo principale sono stati costruiti asettici box in vetro e metallo che hanno spedito in ghiacciaia decenni di storia delle corse – un weekend di gara nella terra di Robin Hood. Mentre destinazioni esotiche (India, Kazakistan) non smettono di traballare nel calendario del Motomondiale e circuiti di riserva (Ungheria) scambiano l’omologazione della FIM per un miraggio, nella mente si fa strada una frase di Aldo Baglio in Chiedimi Se Sono Felice: “Uno ha la soluzione davanti agli occhi e non se ne avvede!”. La MotoGP a Donington Park. Saremmo, di nuovo, felici.

https://youtu.be/-dhVc631sMI?si=mAUlVWwEAFCCrb4e

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